Il CdS di Salvini smentito dal giudice, positivo alla cannabis ma lucido: ha riavuto la patente

Un ricorso vinto ad Asti riapre il confronto sulla riforma Salvini: anche senza alterazione psicofisica, la positività alla cannabis basta per perdere la patente, almeno sulla carta

Pubblicato: 19 Giugno 2025 08:00

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Un motociclista di Asti, parte lesa in un incidente stradale, ha riavuto la patente dopo essere risultato positivo alla cannabis. Questo dettaglio basta a scardinare l’impianto della riforma Salvini.

Con la nuova versione dell’articolo 187 del Codice della Strada, la positività a un test antidroga vale più dello stato psico-fisico del conducente. Ma il caso astigiano ha aperto una crepa nel muro della cosiddetta tolleranza zero: un giudice ha restituito la patente al motociclista, in attesa di capire se questa legge sia compatibile con la Costituzione.

Nuovo Codice della Strada: il ritiro della patente per la sola positività alla cannabis

L’incidente è avvenuto circa un mese e mezzo fa nella provincia di Asti e ha visto protagonista un motociclista dichiarato parte lesa nello scontro. Soccorso in ospedale, l’uomo è stato sottoposto ai test di rito, dai quali è emersa la positività ai cannabinoidi nel sangue.

In base al nuovo Codice della Strada, entrato in vigore a inizio 2025 e voluto tantissimo dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, la sola presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo è sufficiente per far scattare la revoca immediata della patente, indipendentemente dallo stato di alterazione. Di conseguenza, al motociclista è stata inizialmente ritirata la patente.

Ma, il quadro clinico tracciato dai medici raccontava una storia diversa: nonostante la positività, il paziente risultava perfettamente lucido e non in stato di alterazione da droghe o alcol al momento del sinistro. Lo stesso motociclista ha ammesso di aver consumato cannabis alcuni giorni prima dell’incidente, dunque ben lontano dalla guida.

Forte di questo riscontro medico, il suo legale ha deciso di impugnare il provvedimento prefettizio di sospensione, sostenendo che la sanzione fosse ingiusta in mancanza di qualsiasi effettiva compromissione psicofisica alla guida. Il giudice di pace di Asti gli ha dato ragione, disponendo la restituzione (provvisoria) della patente proprio in virtù dell’accertato stato di lucidità al momento dei fatti.

Cannabis e guida: la riforma Salvini in discussione dopo il caso di Asti

La vicenda astigiana affonda le radici in una delle più controverse strette normative volute dal governo Meloni. Col cosiddetto “decreto Salvini”, è stato riscritto da capo il trattamento della guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti. Sparisce ogni riferimento all’alterazione psicofisica: oggi basta risultare positivi a un test tossicologico per finire dritti nel registro dei cattivi, anche se si è sobri.

Le sanzioni previste sono severe: oltre alla sospensione o revoca della patente (fino a 1-2 anni di sospensione già alla prima violazione), il reato di guida dopo assunzione di droghe comporta l’arresto da 6 mesi a 1 anno e un’ammenda da 1.500 a 6.000 euro, importi che raddoppiano in caso di incidente.

La ratio dichiarata della norma è quella di semplificare le procedure sanzionatorie e lanciare un messaggio di durezza verso ogni forma di droga al volante. Come sintetizzò lo stesso ministro Salvini, “lucido sì o lucido no, io ti ritiro la patente”.

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