Lo spread tra Btp e Bund ha aperto a 88 punti base, il livello più basso dal lontano aprile 2010.
Al di là del valore simbolico, il dato rappresenta un segnale importante per la stabilità economico-finanziaria dell’Italia, soprattutto in un momento in cui l’Eurozona si muove verso una politica monetaria più accomodante.
Indice
Perché lo spread sta scendendo
Il rendimento del decennale italiano è sceso al 3,449%, confermando un trend in atto da settimane e sostenuto da fattori interni ed esterni al sistema economico nazionale.
Lo spread è, di fatto, un termometro del rischio percepito dagli investitori sui conti pubblici italiani rispetto al punto di riferimento rappresentato dai titoli tedeschi. Valori elevati indicano timori circa la sostenibilità del debito; al contrario, livelli contenuti suggeriscono fiducia e stabilità.
Si ripensi, ad esempio, ai fatti del 2011 quando al culmine della crisi del debito sovrano, insieme a una forte instabilità politica, il differenziale superò i 500 punti base. Quella situazione decretò la fine dell’egemonia di Silvio Berlusconi, che non riuscì mai più a contare come prima nello scacchiere politico. Oggi, con lo spread sotto i 90 punti, l’Italia si riavvicina a standard di affidabilità considerati pre-crisi.
Il calo dello spread oggi è sostenuto da una combinazione di fattori positivi:
- l’attenuarsi delle tensioni politiche interne che, al netto dei continui battibecchi fra destra e sinistra, non si traduce in una effettiva crisi politica;
- la continuità della linea di bilancio;
- ma, soprattutto, l’inversione di rotta della Banca centrale europea che ha avviato una graduale riduzione dei tassi d’interesse.
In questo contesto, il debito italiano diventa più gestibile e attrattivo agli occhi degli investitori internazionali.
Gli effetti dello spread basso
Uno spread basso produce effetti che si riflettono in modo diretto sulla gestione del debito pubblico. Minori rendimenti implicano minori costi per lo Stato quando si tratta di rifinanziare i titoli in scadenza. Questo può liberare risorse da destinare a investimenti, welfare o misure fiscali senza dover ricorrere a nuove imposte o a tagli alla spesa.
Inoltre, in un contesto europeo in cui si discute di nuove regole fiscali, la credibilità guadagnata può offrire all’Italia un margine di trattativa più ampio. Un Paese che mostra di saper tenere sotto controllo il proprio spread diventa più autorevole anche nei tavoli europei dove si decidono i futuri assetti del Patto di stabilità.
Spread e mutui
Si ricorda poi la correlazione fra l’andamento dello spread e il mercato dei mutui. Per quanto riguarda i mutui a tasso fisso la minore tensione sui mercati obbligazionari si riflette in un abbassamento dei tassi Irs. Per quanto riguarda i mutui a tasso variabile, un calo dello spread può contribuire a migliorare le condizioni generali del mercato del credito, spingendo le banche a offrire condizioni più competitive.
Si ricordi a questo proposito la storica “lezione”, risalente al 2018 negli studi di Porta a Porta, di Pier Carlo Padoan alla grillina Laura Castelli, sottosegretaria all’Economia.
- Padoan: “Se aumenta lo spread diminuisce il valore capitale degli attivi delle banche e quindi le banche si devono rifare alzando il costo del finanziamento”.
- Castelli: “Questo lo dice lei”.
Il ruolo della Bce
Il ruolo della Bce nel calo dello spread italiano è già stato accennato, ma vale la pena approfondire: l’avvio di un ciclo di allentamento monetario, con il primo taglio dei tassi attuato a giugno, ha contribuito a ridurre la pressione sui titoli dei Paesi ad alto debito. Un ulteriore intervento previsto per luglio potrebbe rafforzare ulteriormente questa tendenza. Pur sempre, però, inflazione permettendo.
Rischi per lo spread italiano
La situazione è favorevole, ma permangono dei rischi correlati alla fragilità del contesto: eventuali shock geopolitici collegati alle guerre, sorprese negative sull’inflazione o segnali di rallentamento economico più marcato potrebbero facilmente invertire la rotta. Si ricorda, poi, che l’Italia ha una serie di talloni d’Achille:
- problemi relativi alla produttività;
- alto costo dell’energia;
- debito pubblico oltre i 3.000 miliardi.