La guerra in Medio Oriente ti blocca i voli, cosa cambia per l’Europa dopo gli attacchi di Israele

La chiusura dei cieli tra Israele e Iran costringe le compagnie europee a deviare le rotte, con effetti su costi, ritardi e strategie operative anche per i voli transatlantici

Pubblicato: 15 Giugno 2025 14:04

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

L’attacco preventivo sferrato da Israele contro installazioni strategiche iraniane ha innescato una reazione a catena che ha paralizzato l’intero corridoio aereo mediorientale. L’Iran ha immediatamente chiuso il proprio spazio aereo, seguito da Iraq e Giordania, mentre Israele ha interrotto le operazioni civili a Tel Aviv. Anche Siria e Libano hanno imposto restrizioni, ridisegnando in poche ore la mappa della navigazione aerea nell’area.

Secondo Eurocontrol, solo nella giornata di venerdì 13 giugno circa 1.800 voli connessi al traffico europeo hanno subito conseguenze dirette, con oltre 650 cancellazioni. L’asse tra Europa e Asia, già compromesso dall’inaccessibilità dei cieli russi e ucraini, si è contratto ulteriormente, costringendo le compagnie aeree a improvvisare nuovi corridoi via Egitto e Arabia Saudita. Dal giorno successivo, alcuni paesi come Libano e Giordania hanno iniziato a riaprire i propri cieli, ma il sistema resta instabile e le rotte altamente volatili.

Passeggeri europei bloccati: ritardi, cancellazioni e voli più lunghi

Per chi parte dall’Europa alla volta dell’Asia o dell’Oceania, lo scenario attuale impone un cambio drastico: i cieli mediorientali, essenziali per collegare i due estremi del continente eurasiatico, sono divenuti impraticabili. Le compagnie devono riscrivere al volo la geografia delle proprie rotte.

Air India, ad esempio, ha deviato una dozzina di voli di lungo raggio, trovandosi a improvvisare scali a Vienna, Jeddah, Francoforte. Nulla di eccezionale se si considera che il Mediterraneo orientale costituiscono uno dei pochi varchi superstiti, dopo la chiusura degli spazi aerei russo e ucraino. Le alternative non sono infinite: o si passa dal Mar Rosso via Egitto e Arabia Saudita, o si sale verso il Caucaso e il Turkmenistan. In entrambi i casi, i tempi di volo si allungano e le coincidenze saltano.

Di conseguenza, le cancellazioni si moltiplicano. I voli per Israele sono stati interrotti da tutti i principali vettori europei: Lufthansa, Air France-KLM, ITA Airways. El Al ha trasferito parte della sua flotta all’estero.

Le tratte verso altre metropoli regionali, come Beirut, Amman, Teheran, sono sospese. La raccomandazione, nei limiti della razionalità, è di non recarsi in aeroporto senza aver prima verificato lo stato reale del volo, ammesso che il volo esista ancora.

I costi salgono: l’impatto economico sulle compagnie aeree europee

L’impossibilità di attraversare porzioni strategiche di spazio aereo costringe le compagnie europee a operare su rotte più lunghe, inefficienti, costose. Ogni chilometro aggiunto implica più carburante, più ore di volo, più turnazioni di equipaggi. Tutti elementi che, nel trasporto aereo, si traducono in un solo termine: perdita. Il prezzo del greggio ha subito una nuova impennata, conseguenza dell’instabilità dei mercati.

Queste non sono difficoltà contingenti. Sono strutturali. Le compagnie, già provate dall’esclusione dei cieli russi e ucraini, devono adesso rivedere completamente l’architettura dei propri collegamenti con il continente asiatico. Alcune rotte sono state eliminate, altre ridimensionate.

Intanto, la pressione geopolitica si riversa anche sui mercati finanziari. Le borse hanno reagito come prevedibile: il titolo IAG, holding di British Airways, ha lasciato sul terreno quasi cinque punti percentuali. Simili le reazioni per Lufthansa, Air France e Ryanair.

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