Putin in crisi, l’economia russa è vicina alla recessione

A Mosca la parola "recessione" non è più un tabù: il ministro Reshetnikov invoca un intervento correttivo di politica monetaria per invertire la rotta e salvare l'economia russa

Pubblicato: 20 Giugno 2025 13:07

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

L’economia russa è in affanno: a oltre tre anni dall’invasione dell’Ucraina è l’intera macchina economica russa ad essere oppressa dalla war fatigue. L’economia di guerra, segnata da una politica di sostegno pubblico agli investimenti militari, inizia oggi a mostrare quei segnali di cedimento che, in un eccesso di pensiero desiderante, per gli osservatori occidentali erano imminenti già nel 2021.

Economia russa verso la recessione

A certificarlo non sono più solo analisti esterni o fonti d’opposizione, ma lo stesso ministro dello Sviluppo economico Maxim Reshetnikov che, con dichiarazioni inusualmente allarmistiche al Forum economico internazionale di San Pietroburgo (Spief), ha avvertito che la recessione è alle porte.

Queste le esatte parole di Reshetnikov, citato da Interfax:

I numeri mostrano che l’economia si sta raffreddando. Ma tutti i nostri numeri sono uno specchietto retrovisore. A giudicare dal sentimento delle imprese al momento, siamo praticamente già sull’orlo di una recessione.

A chi, da Occidente, già brinda elevando cori di “ve l’avevo detto”, arriva la replica preventiva del ministro russo, secondo il quale la recessione non è stata prevista in maniera certa, dal momento che tutto dipende da scelte politiche, in primis sul fronte monetario:

Se tutto sarà fatto correttamente, non ci troveremo ad affrontarla.

Il ministero dello Sviluppo economico del Cremlino rivedrà le sue stime ad agosto. Per allora, annuncia, Reshetnikov

la maggior parte delle decisioni sarà stata presa e l’impatto delle decisioni precedenti sarà chiaro.

La crisi, intanto, è però tangibile, con la domanda interna che in Russia ha raggiunto i limiti della capacità produttiva, mentre la politica monetaria restrittiva imposta dalla Banca Centrale, con tassi di interesse ancora al 20%, ha congelato gli investimenti.

Il governo ha tentato un segnale abbassando i tassi di un punto, ma i margini di manovra restano limitati, con un’inflazione che si aggira ancora attorno al 10% e il target del 4% dichiarato irrinunciabile dalla governatrice Elvira Nabiullina.

Il peso della guerra e delle sanzioni

L’economia di guerra russa ha vissuto una fase di apparente tenuta grazie all’aumento della spesa pubblica in Difesa, cresciuta del 25% annuo nel 2024. Questo ha generato una crescita nominale, salari elevati e un mercato del lavoro rigido, ma ha anche accentuato squilibri strutturali.

Qualche percentuale al rialzo, nei mesi, è arrivata anche dalla fuga degli imprenditori occidentali, che hanno lasciato in mano ai russi attività avviate con impianti in ordine e personale formato e pronto a lavorare sotto un’altra bandiera. Senza contare le nazionalizzazioni volute da Putin. Ma tutto ciò non è bastato.

Il comparto civile è ora in piena stagnazione, come sottolineato dal Centre for Macroeconomic Analysis and Short-Term Forecasting, un think tank vicino al governo: “La maggior parte dei settori non militari è in recessione e non si intravedono motori per una ripresa”.

A questo si aggiunge il progressivo deterioramento delle entrate fiscali dovuto al calo delle quotazioni del petrolio, principale fonte di valuta estera per Mosca, e a consumi interni in flessione. L’inflazione, sebbene in lieve discesa, resta alta, mentre la pressione delle sanzioni internazionali continua a pesare, sebbene con effetti meno dirompenti del previsto.

Chi ha sostenuto l’economia russa

A inizio guerra, molti osservatori occidentali, tra cui Mario Draghi, ipotizzavano un tracollo rapido dell’economia russa. A distanza di oltre tre anni, queste previsioni non si sono avverate. La Russia ha potuto mitigare gli effetti delle sanzioni grazie al sostegno di economie come Cina, India, Turchia e Brasile, che non aderiscono alle sanzioni occidentali.

Ma questo non significa che il sistema economico sia in salute: la strategia di adattamento ha sì permesso di evitare il collasso, ma ha anche portato a una progressiva distorsione delle priorità economiche, sacrificando gli investimenti civili e la modernizzazione industriale. L’illusione del collasso non si è avverata, la realtà dell’erosione lenta, invece, sì.

Il Paese è a un bivio. L’appuntamento per tirare le somme, come annunciato da Reshetnikov, è per agosto.

© Italiaonline S.p.A. 2025Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963