In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente 2025, che si celebra il 5 giugno, il Wwf Italia ha diffuso un rapporto sulla produzione e l’utilizzo della plastica e sulle conseguenze che la dispersione di questo materiale può avere sulla salute delle persone e sull’ambiente stesso.
Anche se l’Unione europea ha posto come obiettivo per il 2030 il riciclo del 50% della plastica utilizzata, e l’Italia è già molto vicina a questo risultato, con il 48%, il Wwf ha un obiettivo più ambizioso: eliminare totalmente la dispersione della plastica nell’ambiente entro quella data.
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Quanta plastica utilizziamo ogni anno
Secondo il rapporto del Wwf, da quando l’umanità ha cominciato a utilizzare i materiali plastici derivati dalle fonti fossili, sono stati prodotti in totale 9 miliardi di tonnellate di plastica. Di questi, al 2024, 7 miliardi di tonnellate sono già diventati rifiuti. La plastica è stato e rimane un materiale cruciale per lo sviluppo economico e industriale.
Nel 2023, in tutto il mondo, sono stati prodotti 410 milioni di tonnellate di plastica. Il 90% deriva da fonti fossili ed è quindi plastica vergine, destinata a diventare, con ogni probabilità, un rifiuto in brevissimo tempo. Il tasso globale di riciclo di questi materiali infatti si attesta ancora attorno all’11%. La situazione in Europa va parzialmente meglio, ma anche l’Ue è ancora lontana dagli obiettivi che si è posta.
Il problema della plastica sta diventando sempre più centrale con il progredire delle ricerche scientifiche. In passato, ci si preoccupava soprattutto per la permanenza degli oggetti di plastica nell’ambiente e per la diffusione di sostanze chimiche dannose in caso di combustione. Oggi invece, la questione più pressante è quella delle micro e nano plastiche.
Gli effetti delle micro e nano plastiche
Per microplastiche si intende particelle di materiale plastico di dimensioni inferiori a 5 millimetri. Le nanoplastiche invece sono ancora più piccole, meno di 1.000 nanometri. Insieme, costituiscono una nuova categoria di inquinanti, le Mnp. Possono formarsi fondamentalmente in due modi: o tramite la normale usura degli oggetti in plastica (consumo degli pneumatici, lavaggio dei vestiti) o tramite la frammentazione di oggetti più grandi dispersi nell’ambiente.
Le Mnp tendono a inquinare soprattutto i bacini e i corsi d’acqua, e da lì si diffondono in ogni forma di vita. Piante, animali ed esseri umani risultano sempre più spesso gravemente contaminati da questi inquinanti. Le correlazioni con danni alla salute, per il momento, sono per lo più statistiche, ma sono comunque considerate molto forti dalla comunità scientifica.
I metodi principali con cui si viene a contatto con queste microplestiche sono l’ingestione di cibi o liquidi inquinati, il contatto con la pelle di vestiti sintetici e l’inalazione, soprattutto in spazi chiusi. Le Mnp si trovano ovunque nel corpo umano: dagli organi interni fino al cervello e alla placenta nelle donne incinte.
La domanda del Wwf
Per limitare i danni causati da questi inquinanti, il Wwf ha chiesto un trattato globale giuridicamente vincolante contro l’inquinamento da plastica, da firmare a Ginevra a metà agosto, in occasione dei negoziati Onu sull’argomento. L’obiettivo dovrebbe essere quello di eliminare la dispersione della plastica nell’ambiente. Inoltre, l’associazione chiede ai governi:
- l’adozione di politiche nazionali coerenti con le direttive europee;
- il miglioramento dell’efficacia della gestione dei rifiuti;
- introdurre una plastic tax.
Il Wwf vuole poi coinvolgere anche altre parti della società civile, dalle aziende, chiamate a un utilizzo più consapevole della plastica e del materiale riciclato, alle città, chiamate ad aderire all’iniziativa Plastic smart cities. Anche il ruolo dei cittadini deve però essere attivo, con un consumo ridotto e consapevole di plastica e imballaggi e una maggiore attenzione alla raccolta differenziata.