Dalla Ue 1,3 miliardi per IA e cybersicurezza. Una svolta strategica per l’Europa digitale

La Commissione Europea stanzia 1,3 miliardi di euro per rafforzare l’Intelligenza Artificiale, la cybersicurezza e le competenze digitali. Un piano strategico per l’autonomia tecnologica europea e un’occasione per l’Italia.

Pubblicato: 7 Aprile 2025 12:27

Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

Nel cuore di un decennio dominato da trasformazioni epocali — transizione digitale, guerre tecnologiche e intelligenza artificiale generativa — la Commissione Europea lancia un segnale forte e strategico, annunciando un investimento strategico da 1,3 miliardi di euro per il triennio 2025-2027, nell’ambito del programma Digital Europe.
Le priorità: intelligenza artificiale, cybersicurezza e competenze digitali.

L’Europa accelera sulla sovranità digitale: obiettivo 2027

Il piano conferma l’impegno dell’Unione nel costruire una sovranità digitale europea, riducendo la dipendenza da tecnologie extra-Ue e proteggendo infrastrutture e cittadini in un contesto sempre più critico.

Non si tratta solo di stimolare l’innovazione o sostenere le imprese: questo investimento rappresenta un passo consapevole verso una revisione del posizionamento europeo nello scacchiere globale della tecnologia. In un mondo in cui le capacità informatiche definiscono potere economico, militare e culturale, l’Ue tenta di costruire un’alternativa autonoma alla supremazia sino-americana.

Intelligenza artificiale: motore della competitività

L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia emergente: è la leva strutturale della nuova economia digitale. Dal manifatturiero alla sanità, dalla logistica alla finanza, l’IA sta riconfigurando l’allocazione di capitale, lavoro e potere. Tuttavia, l’Europa parte da una posizione marginale: secondo l’OCSE, meno del 10% degli investimenti globali in IA nel 2023 è stato diretto verso l’Ue, contro oltre il 50% degli Stati Uniti.

Il programma Digital Europe, potenziato dall’approvazione dell’AI Act, mira a colmare questo divario, investendo in:

Si punta non solo alla leadership tecnologica, ma anche alla leadership morale, rendendo l’Europa una guida globale nella governance dell’IA responsabile.

L’Europa sconta un ritardo competitivo rispetto a Stati Uniti e Cina in termini di capitalizzazione e adozione industriale dell’IA. Tuttavia, ha un vantaggio in termini di regolamentazione etica e sicurezza. Con l’approvazione dell’AI Act, l’Ue è il primo blocco economico a dotarsi di una cornice giuridica per un’IA affidabile. Il finanziamento contribuirà a trasformare la leadership normativa in leadership tecnologica.

Cybersicurezza: una priorità geopolitica

L’aumento delle minacce informatiche — attacchi ransomware, sabotaggi a infrastrutture critiche, furti di dati — ha messo la cybersicurezza al centro dell’agenda europea.

Nel 2024, l’ENISA (l’Agenzia europea per la cybersicurezza) ha registrato un +65% di attacchi informatici mirati a infrastrutture critiche rispetto all’anno precedente. In parallelo, è cresciuta la sofisticazione delle minacce: ransomware evoluti, disinformazione pilotata da AI, attacchi supply chain e interferenze geopolitiche coordinate.

Il piano europeo dedica una quota sostanziale alla difesa cyber, prevedendo:

In questo ambito, l’Italia può giocare un ruolo chiave. Con il recente rafforzamento dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) e la creazione del Polo Strategico Nazionale, Roma si candida come hub del Mediterraneo per la sicurezza informatica, nodo strategico della difesa digitale dell’Europa meridionale, specialmente nel contesto NATO.

Competenze digitali: il vero fronte di vulnerabilità

Il Digital Europe Programme dedica risorse significative allo sviluppo delle competenze digitali avanzate. L’obiettivo è duplice:

Le stime della Commissione indicano che l’80% dei lavori del prossimo decennio richiederà una componente digitale. Investire ora in formazione è un imperativo economico oltre che sociale. Sono previste collaborazioni tra università, enti pubblici, imprese e istituti tecnici superiori (ITS).

Un dato su tutti rivela l’urgenza della sfida formativa: secondo Eurostat, oltre il 40% degli europei adulti non possiede competenze digitali di base. Una percentuale insostenibile per un continente che ambisce alla centralità nell’era algoritmica.

Il Digital Europe Programme prevede:

L’Italia, che ha avviato l’ambizioso Piano Nazionale per le Competenze Digitali, potrà utilizzare i fondi Ue per ridurre il digital divide intergenerazionale e territoriale, specie nel Mezzogiorno.

Impatto economico e industriale: un’occasione per l’Italia

L’Italia, destinataria di una quota rilevante dei fondi Ue, potrà beneficiare di:

Il sistema imprenditoriale italiano, caratterizzato da un tessuto di PMI innovative, è pronto a cogliere le opportunità. Tuttavia, restano criticità legate a bassa alfabetizzazione digitale, resistenza al cambiamento e carenza di capitale umano qualificato.

Per l’Italia, questa fase può rappresentare un momento decisivo di trasformazione industriale. I fondi del Digital Europe saranno accessibili anche attraverso bandi per imprese, università e PA, offrendo opportunità per:

A livello macroeconomico, un utilizzo efficace di questi fondi potrebbe portare a un aumento del PIL potenziale, migliorare la produttività del lavoro e attrarre investimenti esteri high-tech. Ma ciò richiede visione strategica, coordinamento tra livelli istituzionali e semplificazione burocratica.

Il contesto geopolitico: una corsa globale tra Stati e Big Tech

Questo investimento europeo non si inserisce in un vuoto geopolitico, ma si confronta con uno scenario estremamente competitivo e polarizzato. Gli Stati Uniti hanno approvato il CHIPS and Science Act e investono miliardi in IA militare e difesa digitale. La Cina, attraverso il piano Made in China 2025, punta all’autosufficienza tecnologica e controlla già l’intera filiera delle terre rare e una parte significativa delle infrastrutture cloud asiatiche.

Nel frattempo, le Big Tech globali (Google, Microsoft, Amazon, Nvidia, ByteDance) agiscono come attori sovranazionali, spesso con budget superiori a quelli dei ministeri dell’economia di molti Paesi UE. La sfida europea è duplice:

L’iniziativa europea arriva in un momento cruciale. Stati Uniti e Cina continuano a dominare la scena tech:

La sfida per l’Europa non è solo economica, ma anche strategica: sviluppare un’industria tecnologica autonoma, aperta, ma protetta, competitiva, ma regolata.

Un’occasione da non perdere

Il nuovo piano Digital Europe 2025-2027 è molto più di un programma di investimenti: è una dichiarazione di intenti politica, tecnologica e industriale. Rappresenta un passaggio cruciale per trasformare l’Unione Europea da semplice regolatore a protagonista dell’economia digitale globale.

Per l’Italia, la sfida è duplice: cogliere i fondi con progettualità concrete e accelerare le riforme digitali. Un’occasione per creare occupazione qualificata, attrarre investimenti, proteggere cittadini e imprese.

In un mondo guidato dai dati e dalla tecnologia, investire in intelligenza artificiale e cybersicurezza non è un’opzione. È la condizione essenziale per garantire sovranità, crescita e resilienza. E l’Europa ha deciso di giocare la sua partita.

Con un investimento di 1,3 miliardi di euro, l’Unione Europea punta su intelligenza artificiale, cybersicurezza e competenze digitali. Un piano strategico per ridurre la dipendenza tecnologica e affrontare le sfide geopolitiche globali.

L’ultima chiamata per l’autonomia tecnologica europea

Il piano Digital Europe 2025-2027 non è solo una risposta tecnica o industriale. È un tentativo di ridefinire il ruolo dell’Europa nel mondo, in un’epoca in cui i dati, gli algoritmi e la resilienza informatica sono nuove forme di potere. La posta in gioco è altissima: restare un regolatore dipendente o diventare un produttore autonomo di tecnologia avanzata.

In questa sfida, l’Italia ha una posizione delicata, ma ricca di potenziale. Ha capitali umani, eccellenze accademiche e distretti produttivi, ma soffre storicamente di frammentazione e lentezza decisionale. Se saprà cogliere l’opportunità — coordinando risorse europee e piani nazionali — potrà contribuire a scrivere un nuovo capitolo di sovranità tecnologica condivisa.

Perché, in un mondo in trasformazione rapida, chi controlla la tecnologia non solo innova, ma guida il futuro.

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