Incidente sul lavoro, la responsabilità è del datore o del dipendente?

La sentenza n. 15697 della Cassazione sottolinea la responsabilità penale del datore di lavoro in caso di mancata formazione sulla sicurezza

Pubblicato: 12 Giugno 2025 07:00

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Così come previsto dal Testo unico del 2008, il datore di lavoro ha degli obblighi in materia di salute e sicurezza che non vanno assolutamente sottovalutati. Non rispettarli, o rispettarli solo parzialmente, significa esporsi a conseguenze anche penali per eventuali incidenti e infortuni dei dipendenti. Anzi, se violato, il dovere di formazione in merito (anche) ai rischi legati allo svolgimento delle mansioni contrattuali, può divenire un vero e proprio boomerang per l’azienda, con ripercussioni economiche non indifferenti.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con una sentenza dello scorso aprile, la n. 15697. Vediamo insieme la vicenda da cui è scaturita la condanna penale e perché i giudici non hanno avuto alcun dubbio nel determinare la responsabilità per quanto accaduto. Il provvedimento è inoltre di avvertimento per la generalità dei datori di lavoro.

Il caso concreto con la condanna penale del datore di lavoro

Un lavoratore subordinato di una società edile si era infortunato nell’ambito delle operazioni di scarico di materiali da un camion. Alcuni tubi accatastati insieme ad altro materiale scivolarono e lo colpirono, causandogli un danno grave e un problema di salute durato quasi cinque mesi.

Dal procedimento penale che insorse per stabilire le responsabilità dell’accaduto, il tribunale di primo grado condannò il legale rappresentante di una Srl, ossia il datore di lavoro, alla pena di 6 mesi di reclusione.

Il reato attribuitogli fu quello di lesioni colpose di cui all’art. 590 del Codice Penale. Come emerso dalla precisa ricostruzione dei fatti in corso di causa, il danno ebbe origine, appunto, nell’incidente ma anche dall’assenza di adeguata formazione sui rischi e sulle corrette modalità di movimentazione dei carichi manuali.

Dal punto di vista strettamente legale, secondo gli articoli 18, 37 e 169 del d. lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro è tenuto a:

I fatti evidenziati nel corso del procedimento penale inchiodarono così il datore alle sue colpe.

In secondo grado, la corte d’appello confermò gli esiti dell’anteriore giudizio e la responsabilità penale del legale rappresentante della società edile, indicando un decisivo collegamento causale tra la mancata formazione e l’evento dell’infortunio.

Di chi è la responsabilità per l’incidente del dipendente

Sulla stessa linea anche la Suprema Corte, che ha confermato la correttezza del ragionamento logico-giuridico dei giudici di merito.

L’art. 299 del d. lgs. 81/2008 indica che la posizione di garanzia e la conseguente responsabilità per quanto accade ai dipendenti grava anche su chi riveste il ruolo di legale rappresentante, al di là del fatto che gestisca o meno l’attività e che sia dimostrata in giudizio la sua partecipazione attiva nella gestione dell’azienda.

In particolare, la sentenza della Cassazione spiega che:

La posizione di garanzia in tema di debito di sicurezza antinfortunistica deve essere riferita anche solo alla assunzione della carica di legale rappresentante della società alle cui dipendenze è posto il lavoratore e su cui i terzi fanno affidamento.

Questa interpretazione, sottolineano i giudici, aderisce perfettamente agli articoli 2 e 299 d. lgs. 81/2008 che:

Definiscono la qualifica di datore di lavoro e perimetrano l’esercizio delle funzioni tipiche di coloro che rivestono la qualifica, oltre che quella di dirigente e preposto: il datore di lavoro è il soggetto titolare del rapporto di lavoro, il quale riveste la posizione di garanzia.

In sostanza, la legge qualifica gli obblighi in campo antinfortunistico in senso ampio e nell’attribuirli a chi di fatto svolge le mansioni tipiche delle figure in materia di sicurezza, non esclude però la corresponsabilità dei titolari formali della qualifica.

La carica formale è sufficiente per essere ritenuti responsabili

La Cassazione ha così rimarcato che il datore di lavoro risponde degli incidenti occorsi ai lavoratori, se la mancata formazione ha contribuito al verificarsi del danno.

Non ha importanza che il legale rappresentante (datore di lavoro) sia solo un prestanome e non basta questa qualifica a escludere la responsabilità penale – mentre questa era la tesi difensiva della società edile. In sintesi la carica formale è sufficiente per gravarlo della responsabilità penale.

Ecco perché la Suprema Corte ha anche evidenziato che, se il lavoratore fosse stato correttamente istruito, avrebbe potuto prevenire l’incidente, ad esempio adottando tecniche di movimentazione sicura dei carichi.

Nel testo della sentenza infatti si legge che:

Non è circostanza imprevedibile che tubi accatastati su un furgone assieme ad altro materiale di varia specie possono scivolare e colpire i lavoratori che stanno scaricando quel materiale: d’altronde le regole relative alla corretta movimentazione manuale di carichi valgono proprio a prevenire il rischio specifico di caduta disordinata degli stessi con conseguente lesione dell’incolumità fisica del lavoratore.

Cosa cambia per i lavoratori vittime di infortuni

La sentenza che abbiamo visto ci ricorda che gli obblighi in tema di salute e sicurezza non vanno affatto messi in secondo piano, perché il rischio di incidente grave, specie in alcune attività, è costante. Anche per questo recentemente abbiamo sottolineato l’aumento dei morti sul lavoro e il fatto che servono migliaia di ispettori.

Si pensi ad esempio all’operaio folgorato durante l’uso di un macchinario non messo in sicurezza. In questi casi il datore potrebbe essere ritenuto responsabile penalmente, per non aver fatto verificare l’impianto elettrico e non aver dato alcuna formazione sui rischi elettrici.

Ma si pensi anche alla caduta da un ponteggio dell’operaio edile per mancato addestramento sull’uso dei Dpi, oppure all’intossicazione da sostanze chimiche subita da un’impiegata di laboratorio che ha maneggiato reagenti pericolosi senza le dovute protezioni. Il datore non aveva fornito la scheda di sicurezza né fatto formazione sulle sostanze utilizzate.

Questi sono tutti casi pratici in cui la conseguenza logica, applicando il ragionamento della sentenza n. 15697 della Cassazione, è la condanna penale per lesioni personali colpose per omessa informazione, formazione e addestramento.

Senza dimenticare che a questo si sommano possibili conseguenze civili (risarcimenti) ed economiche (fermo dell’attività, sanzioni, perdita di reputazione).

Insomma, prevenire è di certo meglio che curare e, oltre a proteggere la buona salute dei dipendenti, agevola anche le attività aziendali e favorisce la produttività, azzerando in tutto o quasi il rischio di infortuni sul lavoro.

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