Vertice Nato, Meloni apre sulle basi: l’Italia aumenterà la spesa militare

Inizia oggi il vertice Nato per ridiscutere il limite del 2% del Pil da destinare alla difesa. Giorgia Meloni conferma il patto con gli Usa e apre all'utilizzo delle basi americane

Pubblicato: 24 Giugno 2025 13:31Aggiornato: 24 giugno 2025 19:25

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Giorgia Meloni ha raggiunto il vertice Nato che si tiene all’Aja, atterrando all’aeroporto di Amsterdam nel tardo pomeriggio di martedì 24 giugno.

La due giorni di incontri è finalizzata a rivedere al rialzo la storica soglia del 2% del Pil da destinare alla spesa militare: il nuovo probabile obiettivo è fissato al 5%. A undici anni dal vertice di Newport, i nuovi parametri non saranno più obiettivi simbolici, ma diventeranno un livello minimo vincolante. In questo nuovo contesto, l’Italia punta a non farsi trovare impreparata, intervenendo sul metodo con cui calcola il proprio contributo alla sicurezza collettiva.

Il punto dell’Italia

Il clima attorno al vertice Nato, chiamato ad approvare l’aumento al 5% del Pil per le spese in difesa e sicurezza entro il 2035, è cambiato radicalmente.

A favorire l’intesa è stata la tregua tra Iran e Israele annunciata nella notte dal presidente Usa Donald Trump. Una svolta diplomatica che rafforza la coesione dell’Alleanza Atlantica e, grazie anche al via libera sofferto della Spagna di Pedro Sanchez, toglie Meloni da una posizione scomoda.

La premier potrà riaffermare l’alleanza con Washington senza esitazioni, difendendo l’accordo tra i 32 membri della Nato come in linea con le richieste dell’Italia. Un vertice Nato in piena escalation militare — con gli Stati Uniti direttamente coinvolti nel conflitto al fianco di Israele — sarebbe stato molto più difficile da gestire.

Nato, obiettivo 5% del Pil per la difesa

Un’intesa sull’obiettivo del 5% del Pil per la difesa da parte dei Paesi Nato diventa “probabile”. Lo riferiscono fonti dell’Alleanza Atlantica all’agenzia LaPresse, sottolineando che si tratta di un obiettivo simbolico e strategicamente rilevante, al quale la maggior parte degli Stati ha già aderito.

La ripartizione della spesa prevede una quota del 3,5% dedicata alle spese militari vere e proprie, e un ulteriore 1,5% per la sicurezza in senso allargato, comprendente anche aspetti non strettamente militari. L’Alleanza ha previsto test intermedi per valutare le capacità e l’impegno reale dei singoli Stati. I risultati di questi test, così come i piani operativi, sono classificati.

Le capacità militari pianificate saranno oggetto di una revisione ogni quattro anni, per verificare se gli obiettivi stabiliti risultino ancora pertinenti rispetto al mutato contesto geopolitico e alle minacce emergenti. È stata inoltre annunciata una revisione generale nel 2029.

Ogni Paese potrà scegliere autonomamente come raggiungere il 5%, adattando l’obiettivo alle proprie capacità e priorità strategiche.

Le parole di Meloni dopo l’accordo al 5%

L’Italia sembra in ogni caso intenzionata a impegnarsi sul target del 5% del Pil investito in spese militari e di sicurezza. “Rispetteremo l’impegno”, assicura la premier Giorgia Meloni davanti al Parlamento pur definendolo gravoso in termini economici, tanto da chiedere una deroga al patto di stabilità.

Nessuna sponda con la Spagna di Pedro Sanchez e la Slovacchia di Robert Fico che stanno litigando perché non intendono allinearsi.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo aveva detto chiaramente davanti alla Camera:

Sono impegni importanti che l’Italia rispetterà. Non lasceremo l’Italia esposta, debole e incapace di difendersi.

E si apre per le basi militari in Italia

Già alla vigilia del vertice Nato del 24 e 25 giugno all’Aja, seguito dal Consiglio Europeo del 26, la premier Giorgia Meloni aveva ribadito con fermezza la posizione dell’Italia, senza escludere nemmeno la possibilità di autorizzare, previo passaggio parlamentare, l’uso delle basi italiane per eventuali attacchi statunitensi contro l’Iran.

In Aula a Montecitorio, Meloni aveva chiarito che l’aumento delle spese per la difesa seguirà un percorso compatibile con le altre priorità del governo e coerente con gli impegni assunti dalla maggioranza e indicati nel programma di governo.

Aveva poi rimarcato la propria visione strategica:

Senza difesa non c’è sicurezza, e senza sicurezza non esistono né libertà né benessere, né tantomeno prosperità.

Secondo la premier, considerando che l’Italia è già arrivata a destinare il 2% del Pil alla difesa, l’incremento previsto — pari a un ulteriore 1,5% da raggiungere nei prossimi dieci anni — rappresenta un’evoluzione naturale degli impegni presi fin dal 2014.

Meloni aveva inoltre sottolineato un punto chiave ottenuto nei negoziati: saranno gli Stati membri, e non la Nato in senso unitario, a decidere quali minacce affrontare e con quali strumenti, lasciando così margini di autonomia nazionale nell’attuazione dell’impegno comune.

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