Come devo essere gestiti, fiscalmente parlando, i compensi percepiti all’estero dai professionisti che sono residenti fiscalmente in Italia? Per rispondere a questa domanda è necessario comprendere, prima di tutto, quali Convenzioni contro le doppie imposizioni sono state siglate tra l’Italia e il Paese dove il contribuente sta esercitando la propria attività, che determinano in quale modo debbano essere gestiti i proventi del suo lavoro.
Indice
Cos’è il worldwide taxation principle
A fare il punto della situazione sulla tassazione dei redditi dei contribuenti ci ha pensato il Dpr n. 917/86, anche noto come Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). All’articolo 3, comma 1, viene esplicitamente chiarito che risultano essere soggetti a tassazione in Italia i ricavi e i compensi prodotti in ogni parte del mondo dalle persone che sono residenti fiscalmente nel nostro Paese.
Viene applicato, in altre parole, quello che è stato battezzato come worldwide taxation principle, attraverso il quale viene assicurata la tassazione nel Paese di residenza tutti i redditi maturati nel corso dell’anno da un determinato soggetto. Anche quando dovessero essere percepiti all’estero.
Volendo semplificare al massimo, questo significa che un professionista italiano deve pagare le tasse in Italia per i redditi che ha percepito all’estero.
Molto pragmaticamente le conseguenze dell’assunto che abbiano enunciato al paragrafo precedente portano ad una conseguenza chiara: nel momento in cui un professionista italiano effettua delle prestazioni verso un committente che sia residente all’estero è obbligato a pagare le relative tasse in Italia.
L’articolo 23 del Tuir, inoltre, prevede che i redditi da lavoro autonomo devono essere tassati in Italia nel momento in cui l’attività è stata svolta in una qualsiasi parte del nostro Paese.
Cosa si intende per base fissa
L’attività professionale di un determinato contribuente, generalmente, si considera svolta nel luogo in cui viene esercitata l’attività. E dunque dove sta materialmente lavorando: l’ufficio o qualsiasi altro tipo di base fissa. La base fissa è, in estrema sintesi, il luogo fisico attraverso il quale viene identificato il professionista.
Niente base fissa nel Paese estero
Quando un professionista italiano si reca materialmente in Spagna per prestare una consulenza a un cliente, non avendo base fissa in questo Paese, deve tassare il reddito solo e soltanto in Italia.
Base fissa nel Paese estero
Se, invece, dovesse avere un ufficio a Madrid, a Barcellona o in qualsiasi altra città e da questo luogo prestare la propria consulenza, i redditi generati devono essere tassati:
- nello Stato fonte del reddito (quindi in Spagna, in questo caso);
- nello Stato dove il professionista ha la residenza fiscale, quindi in Italia.
Siamo davanti ad un criterio di collegamento molto importante, perché costituisce una delle basi sulle quali devono essere calcolate le tasse che il professionista deve versare.
Deve essere applicato indirettamente anche per i professionisti che non sono residenti. Quando un soggetto non è residente fiscalmente in Italia ma opera sul nostro territorio con un ufficio o con una base fissa, eventuali ricavi da questo effettuati nel nostro Paese sono sottoposti a tasse anche qui.
Cosa prevedono le Convenzioni Internazionali
Se da un lato quanto abbiamo visto fino a questo momento costituisce un parametro fondamentale per determinare dove un professionista debba pagare le tasse, altro criterio da prendere in considerazione sono le Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Siamo davanti, in altre parole a degli accordi che vengono sottoscritti bilateralmente e che hanno una valenza sovranazionale. Vengono stipulati tra due Paesi differenti.
A dare valore legale e forza a questi particolari accordi, tra l’altro, è l’articolo 75 del Dpr n. 600/1973, che ha previsto esplicitamente che nell’applicazione delle norme relative alle imposte sui redditi devono sempre essere rispettati gli accordi internazionali sottoscritti tra le parti.
Cosa prevede l’articolo 14 del Modello Ocse
Indubbiamente per poter approfondire il discorso sulla tassazione dei compensi percepiti all’estero dai professionisti, di particolare importanza è l’articolo 14 del Modello di convenzione Ocse contro le doppie imposizione, che prevede quanto segue:
I redditi che un soggetto residente di uno Stato estero ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente in Italia sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del professionista. A meno che questi non disponga di una sede fissa stabile in Italia.
Il testo ci fornisce un chiarimento particolarmente esplicito sul modo in cui debbano essere tassati i proventi delle attività professionali: deve avvenire soltanto nello stato di residenza fiscale, il quale, a questo punto, è l’unico ad avere la potestà impositiva sul professionista.
Questa presa di posizione dell’Ocse è fondamentale, perché chiarisce un aspetto molto importante sulla territorialità delle prestazioni che vengono effettuate all’estero dai professionisti, introducendo una netta distinzione.
I professionisti possono essere tassati in loco solo se hanno una base fissa. Tornando all’esempio che abbiamo fatto in precedenza, il professionista italiano che lavora a Madrid, può essere tassato in Spagna solo se ha un ufficio in città.
Articolo 7 del Modello Ocse
Cosa succede, invece, alle Convenzioni internazionali che non prevedono l’articolo 14 del Modello Ocse, perché soppresso qualche anno fa?
Quando si viene a verificare questa casistica è necessario fare riferimento all’articolo 7 del Modello di Convenzione, il cui oggetto sono esplicitamente gli aspetti connessi alla stabile organizzazione e all’attribuzione degli utili delle imprese.
In altre parole il reddito professionale viene assimilato al reddito d’impresa. Gli utili devono essere essere attribuiti alla stabile organizzazione, che per i professionisti è la sede fissa, che questa avrebbe conseguito nel caso in cui ci si dovesse trovare di fronte a un’impresa completamente separata che stia svolgendo delle attività simili in condizioni analoghe.
Come gestire la doppia imposizione
È possibile attenuare la doppia imposizione che si viene a realizzare nel momento in cui si devono pagare le tasse anche all’estero?
Sì, attraverso l’applicazione del credito per imposte estere. Quanto viene pagato all’estero può essere portato a riduzione delle imposte che il singolo contribuente deve versare in Italia.
Questa agevolazione spetta unicamente per il reddito imponibile Irpef. Nel caso in cui il contribuente abbia optato per dei regimi fiscali di vantaggio (su tutti il regime forfettario) l’imposta sostitutiva che deve essere versata, non rientrando tra quelle inserite nelle convenzioni internazionali, non permette di utilizzare il credito per le imposte estere.