Nel 2023 le famiglie europee hanno consumato meno energia rispetto all’anno precedente per il secondo anno consecutivo. Lo ha fatto sapere la Commissione Europea in un comunicato stampa. Un segnale positivo in apparenza, che si scontra però con un dato più recente. Nei primi mesi del 2025, la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili è diminuita. Ma cosa ci raccontano questi due dati sulla traiettoria energetica dell’Unione Europea?
Consumi domestici in calo, le famiglie sono più attente
Secondo i dati diffusi dalla Commissione Europea, nel 2023 le famiglie dei Paesi comunitari hanno utilizzato 9,6 milioni di terajoule di energia, in calo del 5,6% rispetto ai 10,1 milioni del 2022. Si tratta del secondo calo consecutivo dopo il picco storico del 2021 (11 milioni di terajoule).
Le abitazioni private hanno rappresentato il 26,2% dei consumi finali totali di energia nell’Ue, così suddivisi:
- gas naturale (29,5%);
- elettricità (25,9%);
- energie rinnovabili e biocarburanti diretti (23,5%).
La principale voce di spesa energetica rimane il riscaldamento degli ambienti (62,5%), seguito dalla produzione di acqua calda (15,1%). Complessivamente il riscaldamento di spazi e acqua rappresenta il 77,6% dei consumi domestici.
Gli elettrodomestici e l’illuminazione contano per il 14,5%, mentre la cottura del cibo per il 6,5%.
Dietro al calo dei consumi potrebbero esserci diversi fattori:
- l’aumento dei prezzi energetici, in parte legato alla crisi energetica post-2022;
- l’adozione di comportamenti più virtuosi da parte dei cittadini;
- un clima sempre più caldo anche nei Paesi nordici.
Anche i lavori per l’efficienza energetica degli edifici e degli impianti giocano un ruolo importante nel risparmio energetico.
Calo delle rinnovabili nella produzione elettrica
Intanto nel primo trimestre del 2025 le fonti rinnovabili hanno coperto il 42,5% dell’elettricità netta prodotta nell’Unione Europea, in calo rispetto al 46,8% registrato nello stesso periodo del 2024.
Il calo è dovuto principalmente alla riduzione della produzione da eolico e idroelettico (da 260,5 a 218,5 TWh), solo in parte compensata da un forte aumento del solare (da 40,9 a 55 TWh).
I Paesi più virtuosi nel mix elettrico rinnovabile sono risultati:
- Danimarca (88,5%);
- Portogallo (86,6%);
- Croazia (77,3%).
All’opposto, le quote più basse sono state registrate in:
- Repubblica Ceca (13,4%);
- Malta (14,4%);
- Slovacchia (15,1%).
Il calo delle rinnovabili ha riguardato ben 19 Paesi membri, con le flessioni più marcate in
- Grecia (-12,4 punti percentuali);
- Lituania (-12,0);
- Slovacchia (-10,6).
L’Europa spreca il suo potenziale rinnovabile?
Il calo della quota di rinnovabili nel 2025, nonostante l’aumento della produzione solare, solleva una domanda fondamentale: l’Europa sta davvero sfruttando al meglio il proprio potenziale energetico?
La risposta, guardando ai dati, sembra essere: “Non del tutto”.
Il continente dispone di risorse abbondanti – vento, sole, acqua – ma spesso manca una gestione integrata e flessibile che sappia valorizzarle in ogni contesto.
È da rilevare il fatto che non esistono ancora sistemi di accumulo su larga scala in grado di bilanciare le fonti intermittenti, le reti elettriche non sono sempre pronte a distribuire energia da dove si produce a dove serve e la cooperazione tra Paesi membri resta frammentata, con forti disparità territoriali e strategie non coordinate.
Il risultato è un sistema vulnerabile. Basta un inverno secco o poco ventoso per ridurre in modo significativo la quota di rinnovabili, nonostante l’aumento della capacità installata.
D’altro canto il minor consumo di energia, per quanto legato anche a motivi economici e al cambiamento climatico, è un buon segnale e attesta che almeno i cittadini sono più attenti al risparmio energetico.