Grano, mais e riso a rischio: la produzione potrebbe crollare e i prezzi crescere ancora

Come il cambiamento climatico sta minacciando i pilastri della sicurezza alimentare globale: a rischio la produzione di grano, mais e riso

Pubblicato: 29 Giugno 2025 16:13

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Il grano, il mais e il riso – i tre pilastri dell’alimentazione mondiale – stanno diventando sempre più vulnerabili a eventi climatici estremi che mettono a rischio i raccolti e, di conseguenza, spingono i prezzi verso l’alto.

È l’allarme lanciato da uno studio pubblicato sulla rivista Nature, che analizza dati provenienti da 54 paesi e conferma quanto già molti agronomi e analisti della food economy sospettavano: stiamo entrando in una nuova era di instabilità alimentare.

Perché grano, mais e riso sono a rischio

A livello globale, produciamo oggi più cibo che mai nella storia dell’umanità. Ma questa abbondanza è profondamente ingannevole. La produzione alimentare si concentra in pochi territori, noti come “granai del mondo”, che sono ora minacciati dal cambiamento climatico.

Le pianure fertili del Midwest americano, le distese di grano di Ucraina e Russia, le risaie asiatiche: questi territori producono buona parte delle calorie consumate nel mondo, da cui anche l’Italia attinge. In particolare, più di un terzo delle esportazioni mondiali di grano e orzo proviene da Ucraina e Russia. Ma questi territori, tra i più produttivi del pianeta, sono anche quelli destinati a subire i danni più gravi in uno scenario climatico in continuo riscaldamento.

Secondo lo studio firmato dal ricercatore Andrew Hultgren dell’Università dell’Illinois, in uno scenario di riscaldamento moderato – tra i 2 e i 3 °C da qui al 2100 – la produzione dei sei principali cereali mondiali calerà dell’11,2% rispetto a un mondo senza cambiamenti climatici.

Il punto critico è che non saranno le terre marginali a cedere per prime, ma proprio le più produttive, quelle che oggi garantiscono l’approvvigionamento alimentare a miliardi di persone.

I rischi

I segnali, nel 2025, sono già concreti. In primavera, tempeste, tornado e piogge torrenziali hanno devastato raccolti in tutto il mondo, con danni stimati in milioni di euro.  Ogni grado Celsius in più di riscaldamento globale comporta una riduzione stimata di 120 calorie al giorno per persona, secondo lo studio pubblicato su Nature. In uno scenario dove si registra un aumento di 3 °C rispetto al 2000, questo significherebbe una perdita pari a circa 360 calorie al giorno pro capite, l’equivalente di rinunciare ogni giorno a un’intera colazione.

Anche se gli agricoltori stanno cercando di rispondere al cambiamento climatico (testano varietà più resistenti, modificano i calendari di semina, ottimizzano l’uso di fertilizzanti e acqua, investono in sistemi di irrigazione più efficienti), lo studio dimostra che queste strategie non bastano a compensare l’impatto climatico, soprattutto quando si tratta di shock improvvisi e di grande intensità.

Inoltre, la diminuzione dei raccolti nei paesi esportatori si tradurrà inevitabilmente in un aumento dei prezzi sui mercati globali, quelli italiani compresi. Questo coinvolgerà anche le materie prime ed essenziali, come mais, grano e riso, che sono i beni agricoli più scambiati a livello internazionale.

Come se non bastasse, non è solo la quantità di cibo a essere a rischio, ma anche la sua qualità. Studi recenti dimostrano che un’atmosfera più ricca di anidride carbonica riduce il contenuto nutrizionale di ferro, zinco e vitamine del gruppo B nei cereali come il riso. Il cibo del futuro, insomma, potrebbe essere non solo più scarso, ma anche meno nutriente.

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