Calano i prezzi di angurie, pesche e zucchine: pesa la sovrapproduzione su frutta e verdura

Perché i prezzi di frutta e verdura estiva sono in calo e a risentirne, oltre i margini dei produttori, è l’intera filiera agroalimentare: cosa si rischia

Pubblicato: 29 Giugno 2025 11:36

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

L’estate è entrata nel vivo, ma per i produttori ortofrutticoli italiani non è necessariamente una buona notizia. Se da un lato i banchi dei mercati abbondano di frutta e verdura di stagione, dall’altro i prezzi all’ingrosso registrano ribassi significativi, segnale evidente di una sovrapproduzione che, al momento, non trova pieno sbocco sul mercato.

A risentirne, oltre i margini dei produttori, è l’intera filiera agroalimentare, cui equilibrio è già messo sotto pressione da dinamiche ormai strutturali, come cambiamenti climatici, concorrenza estera e consumi interni in fase di ridefinizione.

Perché i prezzi di frutta e verdura estiva sono in calo

I dati più recenti della Borsa della Spesa, il bollettino settimanale curato da BMTI e Italmercati in collaborazione con Consumerismo No Profit, fotografano una situazione chiara: le produzioni tipicamente estive sono in pieno regime, ma i prezzi all’ingrosso continuano a calare. Il motivo? L’eccesso di offerta rispetto alla domanda.

Prendiamo l’anguria, frutto simbolo dell’estate: i suoi prezzi sono scesi in media del 5% rispetto alla settimana precedente, ma soprattutto fanno segnare un crollo del 40,4% rispetto al 2024, oscillando ora tra 0,50 e 0,80 euro al chilo. Una cifra che rende il prodotto estremamente conveniente per il consumatore, ma insostenibile per molti produttori, che vedono svanire i margini a causa dei costi di coltivazione e logistica ormai fissi o in aumento.

Non va meglio per i meloni retati, altro grande protagonista della tavola estiva: la produzione abbondante, favorita dal clima, ha spinto i prezzi verso il basso, con una contrazione del 10,5% su base settimanale e dell’8,3% rispetto a un anno fa.

Anche nel comparto della frutta a nocciolo la dinamica si ripete. L’arrivo sul mercato di pesche e nettarine di calibro grande ha portato a una flessione dei prezzi del 7%. Le grandi pezzature sono vendute all’ingrosso intorno ai 3,00 euro/kg, le medie a 2,00 euro/kg, e le piccole intorno a 1,50 euro/kg. A queste si aggiungono le albicocche Pellecchiella, pregiate e ben apprezzate sul mercato, che però si collocano comunque a 2,50 euro/kg, in calo del 6,9%.

Nel settore degli ortaggi, poi, la situazione si fa ancora più emblematica. La produzione di zucchine in pieno campo sta proseguendo a ritmi sostenuti, ma senza una domanda proporzionata. Il risultato? Un vero e proprio crollo dei prezzi, che segnano un -30,7% rispetto al 2024, con quotazioni tra 0,50 e 0,80 euro/kg a seconda della zona. La qualità è ottima, ma non basta a invertire la rotta in assenza di canali di sbocco sufficienti.

Un discorso simile vale per i cetrioli, attualmente a 1,00 euro/kg. L’offerta è buona, ma si teme che un ulteriore eventuale aumento delle temperature possa presto impattare sulla produzione.

Cosa si rischia se non c’è equilibrio tra domanda e offerta

Dietro i numeri favorevoli per chi acquista, si nasconde un problema profondo per chi produce. L’effetto domino della sovrapproduzione di frutta e verdura rischia infatti di colpire duramente i conti delle aziende agricole, già alle prese con l’aumento dei costi energetici, delle sementi e dei trasporti e con gli eventi climatici estremi.

Il paradosso è che, a fronte di questo squilibrio tra domanda e offerta, il sistema non sembra pronto a valorizzare nemmeno quei prodotti per i quali una buona annata ha garantito raccolti abbondantii.

Ciò che emerge è la necessità di rivedere le logiche di pianificazione agricola e commerciale. Le eccedenze produttive non sono un’anomalia passeggera, ma una tendenza sempre più frequente, che rischia quasi di diventare strutturale, se non di essere amplificata, a causa dei cambiamenti climatici e dei mercati volatili. L’agricoltura italiana ha bisogno di strumenti più efficaci di gestione dell’offerta, magari incentivando contratti di filiera stabili, canali di distribuzione alternativi (come il consumo locale o le piattaforme digitali), e meccanismi di sostegno anti-crisi.

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