A Sigonella allerta alta, la base italiana al centro della crisi con l’Iran

L'escalation in Medio Oriente, con gli attacchi Usa all'Iran, pone la base militare di Sigonella al centro dell'attenzione. Sale l'allerta per i militari in Italia e all'estero

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 22 Giugno 2025 17:29

L’attacco Usa alle basi iraniane segna un’escalation in quella che inizialmente era la guerra Israele-Iran.

E con il coinvolgimento degli Stati Uniti, la base militare di Sigonella, insieme alle altre, diventa uno degli snodi più caldi del panorama geopolitico globale.

Sigonella al centro dell’attenzione mondiale

Tutto è cominciato con l’intensificarsi del traffico aereo militare statunitense sulle basi italiane, in particolare da Aviano, Napoli e, appunto, Sigonella in Sicilia.

Dall’inizio di giugno numerosi aerei da trasporto, come i mastodontici C-5M Super Galaxy e Boeing C-17 Globemaster, sono stati avvistati mentre decollavano dall’Italia in direzione del Medio Oriente. Aerei da rifornimento Kc-135 Stratotanker, droni, elicotteri e perfino una dozzina di jet da combattimento F-16 sono stati dislocati verso la base saudita di Prince Sultan.

I tracciamenti radar open source hanno documentato rotte insolite, molte delle quali non si vedevano da mesi. Anche l’intelligence indipendente, come Aurora Intel, ha confermato movimenti strategici fuori dalla norma. La rotta passa per le basi italiane, e Sigonella si è trasformata in un hub operativo privilegiato, tanto per la sua posizione nel cuore del Mediterraneo quanto per la presenza combinata di asset Usa, Nato e italiani.

I motivi dietro l’allarme a Sigonella

A Sigonella allerta Charlie

L’elemento che ha acceso l’attenzione politica, ma anche mediatica, è l’innalzamento del livello di allerta a “Charlie” nella Naval Air Station di Sigonella. Il provvedimento è stato deciso dal comando militare statunitense in Europa (Useucom) a seguito del recente attacco degli Stati Uniti all’Iran. Charlie, utilizzato dalle Forze Armate americane per indicare la lettera C, indica una situazione ancora normale, ma sulla quale pende la possibilità di un ipotetico allarme per attacco terroristico e non solo.

Per quanto invece riguarda la sovranità italiana, il ministro degli Esteri Antonio Tajani a annunciato l’allerta massima: “La nostre intelligence, le nostre forze dell’ordine, sono al lavoro intensamente. Sono in allerta massima per evitare che ci siano attacchi che possano colpire obiettivi israeliani, americani o anche italiani. I rischi ci sono per le presenze in Italia anche americane e israeliane”.

Perché Sigonella è importante

Definita non a caso “Hub of the Med”, Sigonella ospita circa 5.000 militari americani. Vi sono stanziati droni Global Hawk impiegati nel pattugliamento del Mar Nero, della Crimea e, più recentemente, del Mediterraneo orientale. La base è già stata teatro di operazioni cruciali: dalla sorveglianza navale all’evacuazione di civili dall’Afghanistan.

Anche se il comando italiano mantiene la giurisdizione generale, la presenza statunitense nella base è significativa e operativa.

La presenza di queste basi solleva dibattiti sulla sovranità italiana: alcuni osservatori le considerano una limitazione alla piena autonomia decisionale del paese. Il direttore della rivista Domino, Dario Fabbri, in particolare, considera le basi Usa in Italia la prova tangibile che siamo un Paese a sovranità limitata: “Se anche chiedessimo agli americani di andarsene, non lo farebbero: anzi, probabilmente davanti ad una richiesta del genere aumenterebbero la loro presenza perché percepirebbero l’ostilità del governo locale”, ebbe a dire durante un incontro.

I rischi per l’Italia

Il coinvolgimento diretto dell’Italia nella guerra Usa-Iran, nonché Israele-Iran,  viene escluso esplicitamente dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Ma la presenza sul nostro territorio di basi militari Usa può dare vita a diverse ricadute.

Sul fronte della sicurezza interna, va ricordato come le basi Usa in Italia, e in particolare Sigonella, sono diventate bersagli potenziali di attacchi terroristici. L’intelligence italiana ha convocato il Casa (Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo) e il Cnosp (Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica) per monitorare le minacce, anche in vista di eventi sensibili come le Olimpiadi e gli Europei.

Esiste poi il rischio teorico di ritorsioni sul personale militare italiano all’estero, dal momento che l’Italia ha circa 2.200 militari in Medio Oriente (Iraq, Kuwait, Libano, EAU, Sinai) che potrebbero diventare obiettivi indiretti per il solo fatto di essere alleati degli Usa. Alcuni sono già stati fatti rientrare.

Per quanto riguarda gli impatti economici globali, un blocco dello Stretto di Hormuz farebbe impennare i prezzi del petrolio, incidendo pesantemente anche sull’economia italiana.

La crisi di Sigonella e la scelta di Craxi

La base di Sigonella è entrata nella storia per un fatto avvenuto il 7 ottobre 1985. Un fatto considerato l’ultima volta in cui l’Italia fu capace di affermare la propria autonomia militare e politica di fronte agli Stati Uniti.

Gli antefatti riguardano la nave Achille Lauro, dirottata da un commando palestinese che uccise un passeggero, un cittadino americano: il 69enne di religione ebraica Leon Klinghoffer era costretto su una sedia a rotelle a causa di un ictus. I terroristi gli spararono e lo gettarono in mare. L’Italia ottenne la consegna dei sequestratori per processarli, ma gli Stati Uniti intercettarono l’aereo egiziano che li trasportava e lo costrinsero ad atterrare a Sigonella.

Qui, nella notte tra il 10 e l’11 ottobre, si verificò il drammatico stallo: militari italiani (avieri e carabinieri) circondarono l’aereo, ma vennero a loro volta accerchiati dalle forze speciali americane arrivate senza autorizzazione. Il presidente del Consiglio Bettino Craxi ordinò il rispetto della sovranità italiana e inviò rinforzi. Dopo ore di tensione, con le armi puntate, gli americani si ritirarono. Ronald Reagan telefonò a Craxi, ma l’Italia non arretrò di un millimetro. L’aereo venne scortato a Ciampino, dove gli Usa tentarono un nuovo blocco, subito respinto.