L’euro diventa un bene rifugio e sfida il dollaro

Con l’euro in crescita e il dollaro sotto pressione, la moneta unica conquista terreno come valuta rifugio globale. Un'opportunità strategica per l’UE nello scacchiere valutario

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 22 Giugno 2025 14:00

Con il dollaro sempre più debole, un nuovo protagonista sta entrando nella scena dei beni rifugio: è l’euro. La moneta unica sta iniziando a diventare sempre di più centrale nel mercato valutario globale, mentre tra gli operatori cresce la tentazione di aggirare il dollaro, penalizzato dall’imprevedibile politica commerciale statunitense.

In crescita l’euro

Secondo i dati della Depository Trust & Clearing Corporation, nei primi cinque mesi dell’anno si è registrato un cambiamento rilevante nei volumi di trading: circa il 15-30% dei contratti legati al dollaro statunitense è stato convertito in euro. Si moltiplicano così i segnali che indicano come l’euro stia progressivamente assumendo il ruolo di bene rifugio, una funzione storicamente attribuita al dollaro sin dalla seconda metà del Novecento.

Nonostante il biglietto verde continui a dominare il mercato valutario globale – con un volume giornaliero di transazioni pari a 7.500 miliardi di dollari – le cifre evidenziano una crescente pressione competitiva sul biglietto verde come principale valuta di riserva internazionale. In questo scenario, l’euro emerge come il principale beneficiario, sostenuto anche da un contesto europeo ricco di stimoli economici pubblici.

Dall’inizio dell’anno, la moneta unica ha guadagnato l’11% rispetto al dollaro, superando quota 1,16 e raggiungendo il livello più alto dal 2021. Parallelamente, il secondo ha perso terreno non solo nei confronti dell’euro, ma anche rispetto alle altre principali valute, con un indice complessivo in calo di oltre il 7%, ai minimi dal 2022.

Il peso della moneta unica

Attualmente l’euro rappresenta circa il 20% delle riserve valutarie mondiali, una quota ancora lontana dal 58% detenuto dal dollaro, ma non considerata irraggiungibile. Un rafforzamento del ruolo internazionale della moneta unica porterebbe benefici concreti: minori costi di finanziamento per Stati e imprese, maggiore tutela dalle sanzioni extraterritoriali imposte da Paesi terzi, e una sensibile riduzione della dipendenza dalle politiche monetarie esterne.

La presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha colto il momento con un messaggio chiaro e determinato, lanciato dalle pagine del Financial Times: “È l’ora dell’euro globale”. Il contesto attuale sembra darle ragione; in un mondo sempre più segnato da protezionismo, declino del multilateralismo e frammentazione geopolitica, l’Unione Europea ha l’opportunità di assumere un ruolo strategico centrale anche sul fronte valutario.

Dollaro in crisi

Il dollaro statunitense sta risentendo dell’aumento delle preoccupazioni per una possibile recessione negli Stati Uniti, della crescente sfiducia da parte degli investitori nella stabilità dell’economia americana sotto la guida di Donald Trump, e dell’incertezza sulle prossime decisioni dell’amministrazione in materia di dazi. A questi fattori si aggiungono il deflusso di capitali verso mercati internazionali più stabili e il progressivo indebolimento dello status del dollaro come valuta rifugio.

Un biglietto verde più debole può avere effetti positivi sull’economia americana, rendendo le esportazioni più competitive e potenzialmente stimolando la crescita. Inoltre, può tradursi in profitti maggiori per le multinazionali con una forte presenza all’estero.

Tuttavia, un dollaro debole comporta anche un aumento dei costi per le importazioni. In teoria, questo dovrebbe incentivare una maggiore produzione interna. Ma, allo stato attuale, gli Stati Uniti non dispongono di una base manifatturiera abbastanza solida da compensare la riduzione delle importazioni. Secondo il Dipartimento del Commercio, nel 2023 solo poco più della metà dei beni e servizi consumati nel Paese è stata prodotta a livello nazionale.