Perché gas e petrolio non sono aumentati nonostante la guerra Usa-Iran

Nonostante la guerra tra Israele, Iran e Usa, i prezzi di petrolio e gas non sono saliti come previsto: i mercati sono rimasti stabili

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web dal 2005, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Pubblicato: 27 Giugno 2025 07:00

Negli ultimi giorni, l’attenzione dei mercati è stata puntata sul Medio Oriente. Il conflitto scoppiato tra Israele e Iran e che ha visto coinvolti direttamente anche gli Stati Uniti ha fatto temere interruzioni nelle forniture energetiche, spingendo molti analisti a prevedere un forte rialzo dei prezzi di petrolio e gas. Le loro previsioni sono state riportate anche da QuiFinanza e dalle più prestigiose testate internazionali che trattano di temi economici.

Oggi, a tregua avviata, nonostante scenari ancora avvolti dall’incertezza, i prezzi sono rimasti sotto controllo. Gli esperti sbagliavano? E abbiamo sbagliato noi, di conseguenza, a riportare le loro parole? Non è proprio così. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo e cosa ci aspetta nel prossimo futuro.

Niente crisi nello  Stretto di Hormuz

Il 24 giugno, dopo 12 giorni di escalation, è entrato in vigore un cessate il fuoco tra Israele e Iran, mediato da Qatar e Stati Uniti – che hanno provato a far ragionare Teheran con il peso delle bombe sui (presunti) siti nucleari.

I giorni precedenti erano stati segnati da attacchi mirati a infrastrutture militari e scientifiche, con lanci di missili e, in risposta, tensioni nello Stretto di Hormuz – una delle rotte strategiche per l’export di energia.

Per alcune ore, l’ipotesi di una chiusura dello stretto ha fatto temere il peggio. Ma la situazione si è stabilizzata prima di degenerare, rivelandosi in realtà un grande bluff.

Prezzi in aumento per poche ore

Nei momenti più critici del conflitto, il prezzo del greggio Brent era salito fino a 76 dollari al barile. Una fiammata breve, dato che già dal 25 giugno, con l’avvio del cessate il fuoco, le quotazioni sono tornate sotto i 70 dollari.

Ancora più netto il calo sul gas europeo, che ha perso oltre il 10% in pochi giorni. La reazione contenuta dei mercati energetici ha sorpreso molti, ma le ragioni sono precise.

I motivi del “non-rialzo”

Possiamo identificare 4 motivi per cui la crisi è rientrata in fretta:

  1. si è trattato di una vera guerra lampo senza la chiusura dello Stretto di Hormuz né blocchi delle esportazioni;
  2. gli investitori sono ormai abituati a gestire il rischio geopolitico dopo le minacce dei dazi, la guerra in Ucraina (e prima ancora gli altri conflitti in Medio Oriente) e la pandemia di Covid e difficilmente i mercati si fanno influenzare dalle cattive notizie;
  3. l’Opec+ ha mentenuto stabile la produzione e la domanda rimane debole in Asia, mentre gli Usa segnalano scorte elevate di greggio;
  4. il mercato del gas europeo è molto più diversificato rispetto al passato dopo la crisi con la Russia, e le forniture non passano più solo da regioni potenzialmente coinvolte dai conflitti in corso.

Come funzionano davvero i prezzi

Il prezzo del petrolio e del gas si forma su mercati finanziari globali dove, come per le azioni, contano aspettative, segnali e numeri concreti.

Quando scoppia una crisi geopolitica, gli operatori reagiscono in fretta acquistando future nel timore che l’offerta possa diminuire, facendo così salire le quotazioni. Ma se nei giorni successivi la crisi si rivela circoscritta, o se i dati reali – come scorte, flussi navali e produzione – non confermano l’allarme, la corsa si interrompe.

I trader iniziano così a vendere e i prezzi calano di nuovo.

È esattamente quello che è successo stavolta: la minaccia di blocchi non si è concretizzata e i fondamentali (i dati che determinano il valore reale dei beni energetici, per intenderci) sono rimasti deboli.

In più, chi investe in energia oggi sa che l’Opec+, gli Usa o gli altri grandi produttori possono intervenire per compensare eventuali mancanze. Questo effetto tampone limita i picchi e riduce la volatilità.

Si abbassano i prezzi?

Il Brent oscilla tra 67 e 69 dollari al barile. Il gas è tornato ai livelli di inizio mese.

Anche i prezzi di benzina e diesel non hanno subito impennate: negli Stati Uniti l’aumento dei carburanti è stato contenuto (circa 20 centesimi al gallone) e in Europa si prevede addirittura una leggera discesa nelle prossime settimane.

Ma la tregua è fragile. E gli analisti, ancora una volta, lanciano inviti alla cautela. Eventuali nuovi attacchi o dichiarazioni belligeranti potrebbero riaccendere le tensioni.

Sono inoltre da monitorare le prossime mosse dell’Opec+, che potrebbe intervenire sulla produzione in caso di eccesso di offerta – gonfiando la domanda e facendo così risalire i prezzi.