Il vertice del G7 a Kananaskis, in Canada, si svolge mentre il sistema internazionale mostra con evidenza tutte le sue crepe. I rappresentanti delle maggiori economie si confrontano con un ordine mondiale in rapida dissoluzione: la guerra tra Israele e Iran, l’inerzia dell’invasione russa dell’Ucraina, le faglie interne all’Occidente. L’Italia, attraverso Giorgia Meloni, cerca spazio nel dialogo tra potenze, consapevole dei propri limiti strutturali ma determinata a collocarsi in un ruolo centrale.
Intanto Donald Trump, tornato alla Casa Bianca, occupa il centro della scena e detta il ritmo a un’alleanza che non è più tale da tempo. L’host, Mark Carney, tenta di gestire un vertice che ricalca il caos di quello del 2018, con la consapevolezza che il G7 non scrive più le regole, ma si limita a registrare quelle imposte altrove, rincorrendo un mondo che non controlla più.
Indice
Meloni protagonista al G7 in Canada
Giorgia Meloni si presenta al summit decisa a ritagliare per l’Italia un ruolo di primo piano. La premier è arrivata in Canada già sabato 14 giugno e, prima dell’inizio dei lavori ufficiali, ha avuto colloqui bilaterali con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il primo ministro britannico Keir Starmer.
Al centro di questi incontri la pericolosa escalation in Medio Oriente, con l’offensiva israeliana contro i siti nucleari iraniani e i raid di Teheran in risposta, e la necessità di coordinare le principali capitali europee per favorire una de-escalation. Meloni e i colleghi europei condividono l’obiettivo di impedire all’Iran di dotarsi dell’arma nucleare e di riaprire i negoziati diplomatici con Teheran.
La premier italiana ha anche sottolineato, in particolare con il cancelliere tedesco, l’importanza di chiudere entro l’estate un accordo tra Ue e Usa che scongiuri nuovi dazi commerciali.
Inoltre ha avuto il compito di introdurre una delle sessioni di lavoro del vertice, dedicata al tema delle Comunità sicure, dove ha ribadito la linea italiana sull’immigrazione. In questa sede l’Italia ha rilanciato la Coalizione G7 contro il traffico di migranti.
Incontro Meloni-Trump: dossier Iran, Gaza e accordo sui dazi
Il faccia a faccia tra Meloni e Donald Trump, inizialmente non previsto, è avvenuto durante la giornata di ieri, lunedì 16 giugno. L’incontro, tenuto a margine del summit, ha permesso alla premier italiana di affrontare tre temi chiave:
- le tensioni in Medio Oriente;
- la necessità di un cessate il fuoco a Gaza;
- i negoziati commerciali tra Europa e Stati Uniti.
Meloni ha chiesto a Trump un impegno sulla via diplomatica con l’Iran, ottenendo una cauta apertura. Entrambi i leader si sono detti favorevoli a tenere aperto un dialogo strutturato, anche in vista del vertice Nato dell’Aja di fine giugno.
Trump lascia il G7 in anticipo: “Tutti devono lasciare Teheran”
Nel pomeriggio di ieri, la Casa Bianca ha comunicato che Donald Trump avrebbe lasciato il summit in anticipo per tornare a Washington. La motivazione ufficiale: occuparsi della crisi tra Iran e Israele.
In realtà, si tratta di una mossa che conferma la centralità dell’agenda americana rispetto a quella multilaterale. Il bilaterale con Zelensky è saltato, ma più ancora è venuto meno il tentativo di un vertice coeso:. Con Trump, il G7 si adatta ai ritmi della potenza egemone.
La crisi in Medio Oriente ha inevitabilmente sconvolto i piani e Trump ha scelto di fissare i confini della crisi con una dichiarazione pubblicata su Truth Social:
L’Iran avrebbe dovuto firmare l’accordo che gli ho detto di firmare. Che peccato e che spreco di vite umane. Detto semplicemente, L’IRAN NON PUÒ AVERE UN’ARMA NUCLEARE. L’ho detto più volte! Tutti dovrebbero immediatamente evacuare Teheran.

Trump ci ha abituato in questi mesi a una sorta di una postura strategica che non ammette compromessi: deterrenza massima, comunicata con linguaggio crudo. Il messaggio è inequivocabile: c’è la disponibilità americana a usare la forza, se necessario, pur di impedire che Teheran acceda al potere atomico – al costo di radere al suolo la capitale iraniana.
Il G7 condanna l’Iran e chiede tregua a Gaza: la mediazione europea
Nonostante la partenza anticipata di Trump, i leader del G7 sono riusciti a trovare un compromesso sul comunicato congiunto. Il testo approvato nella notte tra il 16 e il 17 giugno fotografa alcuni punti chiave:
- condanna formale dell’Iran;
- riaffermazione del diritto di Israele alla propria sicurezza;
- richiesta di una tregua nella Striscia di Gaza.
La mediazione, ottenuta tra frizioni evidenti, porta la firma dei leader europei e del padrone di casa canadese. Meloni si segnala per la volontà di collocare Roma nel cuore delle dinamiche atlantiche, sfruttando ogni spiraglio concesso dall’ambiguità strategica di Washington.
A firmare il documento, dopo un’intensa negoziazione terminologica, è stato anche il presidente americano Donald Trump. Il testo finale ha incluso riferimenti alla necessità di una risoluzione diplomatica e al rispetto del diritto internazionale, elementi inseriti per ottenere il via libera di Washington.
Il testo finale ha incluso riferimenti alla necessità di una risoluzione diplomatica e al rispetto del diritto internazionale, elementi inseriti per ottenere il via libera di Washington. I leader affermano il diritto di Israele a difendersi e ribadiscono il pieno sostegno alla sua sicurezza, sottolineando al contempo l’urgenza di proteggere i civili e di avviare un processo di de-escalation.
Teheran viene indicata come principale fonte di instabilità e minaccia nella regione, con una ferma condanna del suo programma nucleare. Il documento non manca di preoccupazione per le possibili ripercussioni sui mercati energetici internazionali, visto che la guerra Israele-Iran ha fatto aumentare i prezzi dei carburanti.
Dubbi sul sostegno Usa all’Ucraina e all’invio di armi dall’Ue
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky partecipa oggi al vertice, ma la sua presenza rischia di essere simbolica. Senza Trump al tavolo, manca l’interlocutore che conta davvero, almeno dal punto di vista delle leve strategiche.
Il presidente americano ha messo in discussione le sanzioni contro la Russia e, con esse, la coerenza del blocco occidentale. I Paesi europei ribadiscono la necessità di sostenere Kiev, ma lo fanno in ordine sparso, incapaci di trasformare l’intenzione in deterrenza. Le divergenze sui fondi e sull’invio di armi raccontano una frattura sistemica tra retorica e potere.
Accordo Usa-Regno Unito per i dazi, pressing Ue su Trump
Durante il summit è stato annunciato uno storico accordo commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito. L’accordo prevede la riduzione dei dazi sulle automobili britanniche dal 25% al 10% per un contingente annuale di 100.000 veicoli e l’eliminazione delle tariffe sul settore aerospaziale del Regno Unito.
Rimangono in vigore però le tariffe al 25% per l’acciaio, con ulteriori negoziazioni in corso per affrontare le preoccupazioni statunitensi riguardo alla proprietà cinese di British Steel .
Il Canada punta a chiudere a breve una nuova intesa con Washington. L’Ue, tramite Ursula von der Leyen, ha sollecitato Trump ad accelerare i colloqui per un patto commerciale che eviti nuovi dazi.
G7 contro la Cina, piano su materie prime critiche e sussidi distorsivi
Il tema Cina ha attraversato trasversalmente il summit. La presidente della Commissione Ue Von der Leyen ha denunciato le pratiche commerciali aggressive di Pechino e ha proposto un Piano G7 per ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche cinesi.
L’iniziativa è sostenuta da diversi Paesi, anche se manca ancora il pieno appoggio americano. La strategia include la diversificazione delle filiere e il rafforzamento dei controlli sulle esportazioni cinesi.
Clima e incendi in Canada: “Charter” sugli eventi estremi
Il Canada ha imposto all’agenda del G7 la questione degli incendi boschivi, fenomeno sempre più ricorrente sul suo territorio e attribuito al cambiamento climatico. Il dibattito tra i leader si è concentrato su un documento preliminare, che auspica maggiore integrazione tra le strutture di protezione civile nazionali e una condivisione delle risorse in caso di catastrofi ambientali.