Nella crisi mediorientale in corso, l’unico vero ago della bilancia è probabilmente Donald Trump. Mentre Israele colpisce le infrastrutture militari iraniane e l’Iran prende di mira Tel Aviv, la Casa Bianca sta valutando se restare nel ruolo di garante a distanza o intervenire direttamente. Nella giornata di ieri abbiamo visto Donald Trump nella Situation Room, dopo che ha lasciato prontamente il G7 in corso in Canada.
I media americani parlano di 48 ore decisive: il presidente deve scegliere tra la prosecuzione della pressione diplomatica o un’operazione militare mirata, potenzialmente devastante. Per questo motivo ora l’Iran sta valutando in queste ultime ore di aprire uno spiraglio agli accordi diplomatici.
Le dichiarazioni di Trump sono un avvertimento: Khamenei è localizzato. Mentre portaerei e bombardieri convergono sulla regione, l’intelligence americana fa filtrare che l’obiettivo sensibile è Fordo, il sito nucleare iraniano scavato nella roccia.
Indice
La posizione americana: Trump valuta un attacco
I media americani, in particolare la NBC, riferiscono che Donald Trump sta vagliando diverse opzioni, tra cui anche un intervento militare diretto contro Teheran.
Il segretario alla Difesa Hegseth ha dichiarato che gli Usa sono pronti a difendere le proprie basi in Medio Oriente, mentre il New York Times riporta che Teheran potrebbe reagire piazzando mine nello stretto di Hormuz o colpendo le installazioni statunitensi nella regione.
Secondo la Cnn, più di 30 aerei cisterna americani sono stati spostati verso il Medio Oriente per supportare eventuali operazioni congiunte con Israele.
Trump non cerca necessariamente l’attacco, e l’Iran, senza l’appoggio concreto ed esplicito di superpotenze come Russia e Cina non ha la forza militare per controbattere gli Usa.
Per questo, l’opzione più probablile (anche se sui social mostrano un’altra faccia) è quella di un’apertura negoziale, che potrebbe concretizzarsi entro le prossime 48 ore se Teheran accettasse di sospendere l’arricchimento dell’uranio.

L’inviato speciale Steve Witkoff e il vicepresidente J.D. Vance sarebbero già pronti a un incontro di alto livello con la controparte iraniana.
Le mosse militari americane tra dissuasione e preparazione
Si moltiplicano le manovre militari americane. L’obiettivo, secondo analisti militari, sarebbe neutralizzare il sito di Fordo, considerato il fulcro del programma nucleare iraniano e protetto da spessi strati di roccia.
Letta nel quadro dell’approccio americano alla guerra, questa sequenza di movimenti non è solo deterrenza. L’arsenale già schierato serve a garantire superiorità aerea e a creare condizioni favorevoli a un eventuale blitz preventivo.
Nella dottrina strategica statunitense, il controllo del cielo precede ogni offensiva di rilievo. Fordo è il un nodo tattico, dove la sua distruzione, se venisse ordinata, segnerebbe un punto di non ritorno. Ed è proprio su questa soglia che l’amministrazione Trump sembra volersi posizionare, senza ancora varcarla.
Tensioni nella squadra presidenziale: decisione sospesa
Come detto, il presidente Trump non ha ancora compiuto una scelta definitiva sull’eventuale intervento militare statunitense in supporto a Israele. Ma, secondo quanto scrive la CBS, nel team presidenziale non c’è una linea condivisa: alcuni consiglieri spingono per un’azione immediata, altri temono un’escalation incontrollabile.
La scelta, di fondo, è binaria: pressione diplomatica con minaccia credibile oppure colpo preventivo. Il presidente ha alzato il livello dello scontro verbale con dichiarazioni piuttosto pesanti: ha scritto che Khamenei è localizzabile, un bersaglio facile, anche se per ora fuori dal mirino.
L’Iran risponde su X: “Pronti a tutto”
L’Iran dal canto suo non sta a guardare. Nelle ultime ore il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ha annunciato di aver impiegato missili ipersonici contro obiettivi in Israele, sostenendo che i vettori avrebbero superato con successo le difese dell’Iron Dome.
Sul fronte interno, l’intelligence iraniana ha comunicato poi l’arresto di diversi sospetti legati al Mossad, tra cui uno straniero intercettato a Bushehr mentre filmava un’area classificata come sensibile.
C’è poi il blocco totale di applicazioni di messaggistica come WhatsApp e Telegram, accusate di essere utilizzate per geolocalizzare obiettivi strategici.
Come Trump, anche Khamenei è tornato a parlare.
In un messaggio su X, ha rievocato la figura del primo imam sciita, dicendo che la Repubblica islamica prevarrà su Israele. Un riferimento simbolico e diretto proprio alla controparte americana. Nonostante la retorica infuocata, fonti di ABC News riportano la notizia che Teheran sarebbe aperta alla possibilità di negoziati.
In queste ore cruciali, però, notizie discordanti arrivano dal New York Times, secondo il quale l’Iran starebbe invece valutando una rappresaglia diretta contro le basi statunitensi nella regione, ipotizzando anche il posizionamento di mine nello strategico Stretto di Hormuz.
La situazione è piuttosto accesa e se da un lato ambo le parti mostrano un atteggiamento muscolare sui social, dall’altro lato sembra anche che la diplomazia si stia muovendo per fermare la guerra tra Israele e Iran.
Meloni: “No all’Iran nucleare, Israele ha diritto a difendersi”
Dal G7 in Canada, Giorgia Meloni ha ricordato come i Paesi occidentali condividano l’idea che un Iran dotato di capacità atomica sarebbe inaccettabile. Meloni ha dichiarato:
Israele ha il diritto di difendersi, ma puntiamo a soluzioni negoziali.
Una linea a cui il ministro Antonio Tajani ha fatto eco, citando il diritto internazionale come fondamento della legittima difesa israeliana. Dichiarazioni dovute, in linea alla postura strategica atlantica, che ovviamente non incidono sul teatro operativo.
Gli appelli internazionali per il cessate il fuoco
Se l’Italia ribadisce la vicinanza a Israele, gli Emirati Arabi Uniti hanno invece sollecitato un intervento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per arginare il deteriorarsi della situazione.
L’Egitto e la Russia, da parte loro, hanno avviato un canale diplomatico parallelo per tentare un’uscita politica dalla crisi.
Mosca è alleata dell’Iran, ma si muove con cautela, nel tentativo di bilanciare i legami strategici con Teheran, gli interessi economici intrecciati con le monarchie del Golfo, e soprattutto evitare ulteriori attriti con gli Usa vista la situazione interna con l’Ucraina.
Nel frattempo, a Parigi è stato convocato un nuovo consiglio di difesa: il presidente Emmanuel Macron ha detto che un eventuale collasso istituzionale iraniano potrebbe aprire scenari ingestibili lungo tutto l’arco mediorientale.