Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dato due settimane di tempo all’Iran per avanzare una proposta di accordo sul nucleare accettabile dagli Usa e da Israele, in modo da far cessare i bombardamenti dell’Idf. In caso questo non avvenisse, ha dichiarato Trump:
Ci saranno conseguenze.
Nel frattempo l’agenzia di stampa britannica Reuters ha riportato che l’Iran ha continuato a mantenersi in contatto con l’inviato speciale di Trump in Medio Oriente Steve Witkoff durante tutto il periodo dei bombardamenti israeliani. Inoltre, nella giornata di oggi 20 giugno, il ministro degli Esteri iraniano incontrerà i suoi omologhi britannico, francese e tedesco a Ginevra, in Svizzera, per tentare una soluzione diplomatica al conflitto.
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Due settimane di attesa
Dopo una settimana di tentennamenti e allusioni, gli Stati Uniti hanno posto per la prima volta una data precisa sulla possibilità di un intervento militare in Iran. Due settimane a partire da giovedì 19 giugno, quindi fino al 10 luglio, sarà il tempo a disposizione della diplomazia per raggiungere un accordo sullo sviluppo nucleare che impedisca all’Iran di sviluppare una armi nucleari.
La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha riportato le parole del presidente degli Stati Uniti:
Basandoci sul fatto che c’è una possibilità concreta di trattative, che potrebbero avvenire o meno con l’Iran nel prossimo futuro, prenderò la mia decisione nelle prossime due settimane. L’Iran ha tutto quello che serve per produrre un’arma nucleare, è a due settimane dal traguardo. Manca solo la decisione della Guida Suprema, la bomba atomica costituirebbe una minaccia esistenziale non solo per Israele e Stati Uniti, ma per tutto il mondo.
Come notato dal New York Times però, due settimane è l’unità di tempo preferita di Trump.
Il giornalista Shawn McCreesh, basandosi su varie dichiarazioni del recente passato del presidente degli Usa, ha spiegato come Trump usi questo intervallo di tempo quando non sa dare una risposta precisa a una domanda. Di conseguenza, queste dichiarazioni potrebbero non essere tanto un ultimatum, quanto un tentativo di prendere tempo.
Perché Trump non vuole attaccare l’Iran
Il motivo per cui Donald Trump starebbe cercando di risolvere il conflitto senza coinvolgere direttamente l’esercito statunitense è legato alla propria base elettorale. La corrente Maga (da Make America Great Again, il suo slogan elettorale), ha sempre sostenuto una politica isolazionista, che vuole rimuovere gli Usa dallo scenario internazionale attraverso i dazi, da una parte, e la fine degli interventi militari all’estero, dall’altra.
Il tasso di approvazione di Trump è molto basso, a -12% (53% degli americani disapprova il suo operato, il 5% è indeciso, e solo il 41% lo approva). Sono gli stessi livelli del suo primo mandato.
Nel 2021, dopo lo stesso periodo alla Casa Bianca, Biden aveva il 20% di approvazione in più. Scontentare la sua base, a pochi mesi dalle primarie per le elezioni di metà mandato, potrebbe farlo crollare ulteriormente nei sondaggi.
I tentativi di diplomazia
La strada diplomatica però, nel frattempo, non si è mai chiusa. Come già detto, l’inviato speciale di Donald Trump per il Medio Oriente Steve Witkoff ha continuato a mantenersi in contatto con le autorità iraniane durante l’ultima settimana di bombardamenti israeliani.
Il ministro degli Esteri persiano Abbas Araghchi avrebbe detto a Witkoff che Teheran sarebbe disposta a mostrare flessibilità sulla questione nucleare se gli Usa riuscissero a far cessare i bombardamenti, con una tregua nella guerra tra Israele e Iran. Nella giornata di oggi 20 giugno intanto, Araghci incontrerà a Ginevra i ministri degli Esteri britannico, francese, tedesco e un inviato dell’Unione europea, per cercare di risolvere il conflitto per via diplomatica.