Un nome, una foto, una manciata di informazioni pubbliche: tanto basta, oggi, perché la tua identità digitale venga clonata e utilizzata per costruire un profilo social perfettamente credibile ma completamente falso. In pochi minuti, la tua immagine può circolare su reti che non conosci, parlare con persone che non hai mai incontrato. La rapidità con cui queste dinamiche si sviluppano sorprende persino chi si considera “esperto” di web: la vittima, spesso ignara, scopre solo a fatti compiuti che la propria reputazione – personale o professionale – è stata esposta a rischi, talvolta con conseguenze che superano la dimensione virtuale.
Indice
Cos’è un falso profilo sui social con il tuo nome?
Un falso profilo social si configura se qualcuno, senza autorizzazione, crea un account usando nome, foto o altri dati identificativi appartenenti a una persona reale. Non si tratta di un semplice pseudonimo o nickname, ma di un’ effettiva “usurpazione dell’identità digitale”, definita in giurisprudenza come una violazione diretta della proiezione personale online di un individuo. Infatti, la Corte di Cassazione considera l’identità digitale come un vero e proprio bene giuridico personale tutelato dalla legge. Quindi, se il profilo inganna, forma fiducia con terzi, o impersona la vittima, la falsità non è una mera apparenza, ma potenzialmente un illecito penale.
Perché i truffatori lo creano?
I motivi per cui viene creato un profilo falso sono vari. In genere chi si cela dietro un fake ha uno scopo fraudolento: può trattarsi di phishing (furto di dati sensibili come password e informazioni bancarie), stalking online, revenge porn, una truffa romantica o ancora diffamazione e lesione della reputazione personale. In altri casi, il profilo falso viene creato con finalità di estorsione o per ottenere vantaggi personali, anche non economici, come la visibilità sui social media o la diffusione rapida di contenuti diffamatori.
Va chiarito che non tutti i profili fake sono punibili penalmente. Un profilo satirico, chiaramente identificato e percepibile dagli utenti come parodia o critica ironica, non configura alcuni illecito, poiché non induce in errore l’utente medio. Diverso è il caso del profilo clone, nel quale vengono usati in maniera esatta e fraudolenta dati, immagini e nome di una persona reale: qui la violazione del bene giuridico protetto, ossia l’identità e la reputazione digitale della vittima, è concreta e suscettibile di azione penale.
Profilo falso: il reato di sostituzione di persona
Creare un profilo falso sui social usando i dati reali di un’altra persona costituisce nella maggior parte dei casi, un illecito penale.
L’art. 494 c.p. punisce:
“Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, attribuendosi falsamente il nome o l’identità di un altro.”
E’ importante chiarire che la legge non richiede un beneficio economico. È sufficiente che il falso account comprometta l’immagine pubblica della vittima, interferisca con i suoi rapporti personali, professionali o familiari, o ne riduca la credibilità presso terzi.
La giurisprudenza ritiene che anche la creazione di un account social, se induce gli altri utenti a credere di interagire con il vero titolare dell’identità, integra il delitto di sostituzione di persona. Non rileva che la comunicazione avvenga su una piattaforma digitale e non nel mondo reale: il danno alla personalità giuridica e alla fiducia dei terzi è il medesimo (Cass. sent. n. 25774/2021).
L’art. 494 c.p. prevede la pena della reclusione fino a un anno, ma la pena non è l’unica conseguenza. Il soggetto può essere condannato al risarcimento del danno morale e all’obbligo di cancellare l’account o rimuovere i contenuti illeciti. In presenza di ulteriori illeciti commessi tramite il falso account – come la truffa informatica (art. 640 ter c.p.) o la diffamazione aggravata (art. 595 co. 3 c.p.) – le pene possono sommarsi, aggravando la posizione dell’autore dell’illecito.
Il GDPR e la protezione dei dati personali
Il falso profilo social costituisce anche una violazione della normativa sulla privacy.
“Il Regolamento (UE) 2016/679, noto come GDPR, riconosce il diritto all’identità digitale come parte integrante della protezione dei dati personali.”
Quando un soggetto usa il nome, la foto o altri elementi identificativi di un’altra persona per creare un account fittizio, sta trattando dati personali senza base giuridica. Ciò configura un trattamento illecito e può dare luogo a sanzioni amministrative da parte del Garante Privacy.
La violazione è ancora più grave se i dati vengono usati per scopi lesivi, come diffamazione, estorsione o adescamento. In questi casi, l’autore può essere esposto a un doppio binario di responsabilità: penale, per il reato commesso; e amministrativa, per la violazione della normativa privacy.
Profili fake, è possibile denunciare?
Quando si scopre un profilo falso creato con il proprio nome, il primo passo è agire direttamente sulla piattaforma dove il profilo è stato pubblicato. Ogni social network dispone di strumenti per la segnalazione di un account fake: su Facebook, ad esempio, è possibile cliccare su “Trova assistenza o segnala il profilo”, mentre su Instagram è presente una funzione analoga all’interno delle impostazioni dell’account sospetto. TikTok, LinkedIn e X (ex Twitter) offrono moduli dedicati per la rimozione di profili falsi legati a furto di identità. È importante ricordare che i social, specie in virtù del recente Digital Services Act europeo, hanno l’obbligo giuridico di agire rapidamente in presenza di segnalazioni documentate e fondate.
Querela alle autorità competenti
Se il social non interviene oppure se la situazione configura un reato (sostituzione di persona, diffamazione, truffa, furto d’identità), è necessario sporgere querela alla Polizia Postale o presso qualsiasi stazione dei Carabinieri o Commissariato di Polizia. Occorrere descrivere in dettaglio i fatti, indicando il link al profilo falso, le modalità con cui è stata scoperta la falsificazione e l’eventuale danno subito morale e materiale. In questa fase è consigliato richiedere in maniera esplicita alle autorità competenti una misura urgente di oscuramento o sequestro preventivo del profilo illecito, per limitare immediatamente il danno derivante dall’illecito stesso.
Se la diffusione del profilo falso ha raggiunto dimensioni virali o ha generato gravi danni alla reputazione della vittima, è consigliabile agire anche in sede civile per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale , soprattutto se il profilo è rimasto attivo per un periodo prolungato nonostante le segnalazioni. Quando il danno è già stato prodotto, è possibile affiancare all’azione legale una strategia di reputazione digitale, affidandosi a specialisti per la deindicizzazione dei contenuti dannosi dai motori di ricerca.
Istanza di oscuramento urgente
Nel caso di contenuti particolarmente lesivi, oltre alla querela, si può valutare la possibilità di inviare direttamente al provider o alla piattaforma social una diffida formale per la rimozione urgente dei contenuti incriminati. Tale diffida può essere inviata tramite PEC o raccomandata A/R, specificando i riferimenti normativi violati, come il GDPR o l’art. 494 c.p., e precisando la richiesta urgente di oscuramento. Tale azione aumenta la pressione sulla piattaforma e può accelerare significativamente i tempi di rimozione.
Se la diffusione del profilo falso ha raggiunto dimensioni virali o ha generato gravi danni alla reputazione della vittima, è consigliabile agire anche in sede civile per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale , soprattutto se il profilo è rimasto attivo per un periodo prolungato nonostante le segnalazioni. Parallelamente, quando il contenuto dannoso è stato già diffuso in rete, è fortemente raccomandato adottare strategie tecniche di reputation management. Affidarsi a professionisti specializzati in deindicizzazione e diritto all’oblio consente di limitare la diffusione ulteriore del contenuto lesivo, oscurandolo dai motori di ricerca e limitando le conseguenze dannose della presenza online del falso profilo.