Un dato allarmante emerge dall’ultima edizione del rapporto Carbon Majors di Influence Map: metà delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2) è riconducibile all’attività di sole 36 multinazionali operanti nel settore dei combustibili fossili.
Nel corso del 2023, questi colossi dell’energia hanno immesso nell’atmosfera oltre 20 miliardi di tonnellate di CO2, con un impatto significativo sull’ambiente.
Inquinamento mondiale, il report Carbon Majors
L’obiettivo dell’Accordo di Parigi è chiaro: ridurre le emissioni globali del 45% entro il 2030, per evitare un aumento della temperatura superiore a 1,5°C. Purtroppo, le emissioni sono in costante crescita, aggravando i fenomeni climatici estremi che colpiscono il pianeta con conseguenze drammatiche.
Secondo il report Carbon Majors, le emissioni di CO2 hanno rappresentato il 78,4% di quelle globali di CO2 da combustibili fossili e cemento nel 2023. Un dato particolarmente allarmante emerge dall’analisi di questi dati: solo 36 aziende hanno prodotto oltre 20 miliardi di tonnellate di CO2.
I risultati presentati derivano da un aggiornamento del database di Carbon Majors, una risorsa fondamentale che raccoglie e analizza dati storici relativi alla produzione di 180 tra i maggiori produttori mondiali di petrolio, gas naturale, carbone e cemento. Questa vasta raccolta di informazioni comprende 169 entità attualmente attive e 11 che hanno cessato la loro attività.
“Le emissioni globali di gas serra continuano ad aumentare, con oltre la metà di tutte le emissioni di CO2 fossile provenienti da sole 36 aziende, come rivelano gli ultimi risultati di InfluenceMap”, ha commentato Johan Rockström, direttore dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico.
Secondo il report, le principali fonte di emissioni sono:
- carbone (41% del totale);
- petrolio (32%);
- gas naturale (23%);
- produzione di cemento (4%).
Le multinazionali responsabili
Il rapporto mette in evidenza che, se Saudi Aramco fosse un’entità statale indipendente, si classificherebbe come il quarto maggiore emettitore di CO2 a livello mondiale, superata solo da Cina, Stati Uniti e India. Analogamente, le emissioni attribuibili a ExxonMobil equivalgono a quelle prodotte dall’intera Germania.
Dal rapporto emerge un dato significativo: 25 delle 36 aziende responsabili della metà delle emissioni globali sono controllate da enti statali. Tra queste figurano multinazionali dell’energia come China Energy, National Iranian Oil Company, la russa Gazprom e Adnoc degli Emirati Arabi Uniti, oltre alle compagnie petrolifere Petrobras del Brasile e Eni dall’Italia.
“Stiamo vivendo un momento critico nella storia dell’umanità. E la realtà allarmante è che le più grandi aziende di combustibili fossili del mondo non solo stanno aumentando le loro emissioni, ma lo stanno facendo sullo sfondo di eventi climatici che stanno avendo impatti devastanti sulla vita quotidiana delle persone”, dice Kumi Naidoo, Presidente dell’Iniziativa del Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili.
“È essenziale che i governi si facciano avanti e usino la loro autorità per porre fine alla causa principale della crisi in cui ci troviamo: l’espansione dei combustibili fossili. Abbiamo urgente bisogno di passare a modelli economici ed energetici più sostenibili, equi e accessibili per tutti, o ciò che resterà alle generazioni future sarà un pianeta distrutto”.