Concorso vinto ma niente assunzione: i giudici spiegano perché

Una fresca decisione del Consiglio di Stato ribalta le aspettative degli idonei e dà la priorità alla mobilità interna nelle assunzioni negli uffici della PA. Scopriamo perché

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 19 Maggio 2025 07:51

Non sempre vincere un concorso pubblico o comunque agguantare una posizione in graduatoria, utile all’assunzione, evita i rischi di un’inaspettata sorpresa. Così avranno pensato i vincitori e idonei, a seguito delle prove di selezione effettuate e finite al centro di una disputa presso il giudice amministrativo.

Con sentenza di qualche giorno fa, in Consiglio di Stato si è deciso che – in caso di posto vacante in Comune – il piano assunzionale può essere modificato, tradendo in qualche modo le aspettative iniziali e pre-concorso di qualche candidato: ottiene l’impiego chi si avvale della mobilità volontaria e a perdere la chance di firmare il contratto sono proprio i concorsisti che avevano ottenuto un buon punteggio.

Vediamo da vicino gli aspetti chiave della sentenza Consiglio di Stato 3140/2025 e chiariamo perché questa decisione ha anche una valenza generale per tutti coloro, che partecipano a un concorso pubblico.

La vicenda in breve e il concorso nel mirino della magistratura

La causa giudiziaria ha avuto inizio da una contestazione ben precisa: una donna aveva partecipato a un concorso pubblico bandito da un Comune della Sardegna, per il ruolo di istruttore amministrativo contabile (categoria C1). Due i posti disponibili, di cui uno da affidare al personale interno. A seguito degli esiti delle prove previste, la concorsista era arrivata seconda in graduatoria finale, ottenendo l’idoneità ma non l’assunzione immediata.

A occupare subito uno dei due posti in palio fu un dipendente dello stesso ente locale, inquadrato in una categoria più bassa (collaboratore amministrativo B3). Da questo passaggio, si creò un posto vacante che il Comune sardo scelse di modificare elevandolo alla categoria C1, la stessa del concorso finito all’attenzione del Consiglio di Stato.

E proprio qui ha le sue radici la lite giudiziaria, infatti:

  • secondo il penultimo Piano integrato di attività e organizzazione per il triennio 2022-2024 (Piao), la nuova posizione avrebbe dovuto essere coperta con il meccanismo dello scorrimento delle graduatorie esistenti, prevalendo sull’altro criterio della mobilità obbligatoria;
  • ma nel giugno 2023, il dietrofront del Comune cambiò le carte in tavola perché l’approvazione del nuovo Piao per il triennio 2023/2025 restituì il primato al differente criterio della mobilità volontaria tra amministrazioni pubbliche.

Il risultato fu – quindi – il nulla di fatto per la donna che, con tutta probabilità, già stava prefigurando una prossima assunzione. In sostanza, il Comune che aveva bandito il concorso relegò lo scorrimento delle graduatorie a sola ipotesi residuale, esponendosi così al contrattacco giudiziario della concorsista che – da idonea e seconda classificata – ritenne di essere stata ingiustamente esclusa dal posto di lavoro. Secondo la sua tesi, infatti, andava ancora considerata la “classifica” vigente, per scorrimento e in applicazione della legge in materia.

La decisione del Tar Sardegna favorevole alla concorsista

Inizialmente il ricorso portò a quanto sperato, perché il Tar Sardegna accolse le richieste della donna. In particolare, per il giudice amministrativo:

  • la posizione C1, quella dell’istruttore amministrativo contabile dell’iniziale concorso, non era stata creata dal nulla ma derivava da una trasformazione di un posto già presente nell’organico del Comune (il B3 divenuto vacante);
  • di conseguenza, la copertura con scorrimento della graduatoria era non solo possibile ma doverosa, derogando al divieto legale di usare le graduatorie, per posti creati dopo la loro approvazione.

Ma, come si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, il Comune si difese con un richiamo all’art. 91 del d.lgs. n. 267 del 2000, secondo cui:

lo scorrimento delle graduatorie ancora valide per la copertura dei posti divenuti vacanti risultava vietato per i posti istituiti dopo l’approvazione delle predette graduatorie, al fine di evitare che l’Amministrazione potesse essere indotta a modificare la pianta organica al solo fine di favorire i soggetti dei quali conosceva a monte il nominativo.

Insomma, un caso particolare che – secondo il ragionamento del Tar Sardegna – doveva comunque essere risolto con l’assunzione tardiva della donna, la quale – tuttavia – dovette fare i conti con il successivo ricorso del Comune. E seguì una vera doccia fredda per l’originaria ricorrente, perché l’amministrazione locale riuscì a far ribaltare la sentenza del primo grado.

Il ribaltamento in Consiglio di Stato

In appello l’ente pubblico rivendicò nuovamente le sue ragioni e, in particolare, la necessità di procedere all’assunzione “interna” tramite mobilità volontaria per rispondere a esigenze di trasparenza e imparzialità nelle procedure selettive. Secondo il Comune, infatti, la mobilità aderisce in pieno al dettato del legislatore, che normativamente vieta lo scorrimento – in caso di nuovi posti in organico – per evitare rischi di favoritismi o manovre ad personam e mirate a favorire gli iniziali “esclusi”.

I giudici di Palazzo Spada hanno riformato la sentenza del Tar Sardegna, di fatto accogliendo le richieste dell’amministrazione comunale e considerando giusto il dietrofront sulle modalità di assunzione, per il caso appena visto. In breve, l’amministrazione locale ha la possibilità – ma non l’obbligo – di assumere per scorrimento della graduatoria, perché in primo luogo vanno salvaguardati e applicati i principi di legalità e imparzialità nell’azione della PA. Ecco perché nella sentenza del CdS si trova scritto che:

Dei suddetti principi si è fatto carico il Comune […] secondo un criterio ispirato a ragionevolezza, trasparenza e correttezza, decidendo di approvare il nuovo Piano integrato di attività e organizzazione per il triennio 2023/2025 prevedendo, in discontinuità rispetto al precedente Piano, in via preferenziale il ricorso alla mobilità volontaria, e solo in subordine, l’utilizzo delle graduatorie vigenti.

Il meccanismo della mobilità tra enti consente all’impiegato pubblico di accedere al posto, frutto della trasformazione di un altro posto esistente, senza che un concorsista possa reclamare nulla. Il Comune ha tutto il diritto di far valere questo meccanismo per fugare ogni dubbio di possibili raccomandazioni o privilegi a qualche concorsista in posizione di idoneo in graduatoria.

Che cosa cambia

Oltre a decidere un caso specifico riguardante le chance occupazionali di una donna, la sentenza 3140/2025 del Consiglio di Stato ha, a ben vedere, una valenza generale e contribuisce all’orientamento in tema di concorsi pubblici.

Pur a concorso ultimato e a graduatoria definitiva, una pubblica amministrazione ha tutto il diritto di mettere al primo posto la propria autonomia gestionale e la legittima aspettativa che i posti in organico siano assegnati senza “binari preferenziali”. È possibile quindi impedire la firma del contratto a chi, idoneo e pur secondo classificato, nutriva una speranza di essere assunto a seguito della trasformazione di categoria giuridica del posto vacante.

Concludendo, se è vero che lo scorrimento delle graduatorie in sé assicura nuove possibilità di lavoro agli idonei, ciò non vuol dire che considerazioni di efficienza e risparmio debbano prevalere in automatico sulle esigenze di imparzialità, difese e sostenute dal legislatore nazionale. In casi come questo, e in tanti altri analoghi, il concorsista non ha un legittimo diritto ad ottenere l’impiego nella PA.