I rapporti di lavoro sono talvolta più flessibili di quanto si pensi, anche sul piano strettamente economico. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con una recente sentenza che ha l’utilità di fare il punto sul diritto al compenso per lavoro straordinario, svolto nei giorni festivi dal personale del pubblico impiego contrattualizzato.
Con la sentenza 13661/2025 i giudici di piazza Cavour hanno infatti stabilito che la remunerazione delle ore in più di lavoro, rispetto al normale orario settimanale, è comunque dovuta al di là di un esplicito via libera del datore di lavoro. Se fai straordinario nei giorni festivi nel pubblico impiego, hai così diritto a essere pagato anche se il datore di lavoro non ti ha dato un’autorizzazione scritta, purché lui fosse a conoscenza e non ti abbia proibito di farlo.
Vediamo allora più da vicino perché questa sentenza è molto importante e come tutela la generalità dei rapporti di lavoro negli uffici della PA.
Indice
La vicenda, le ore di straordinario e l’accoglimento parziale delle richieste dei lavoratori
La disputa giudiziaria era insorta tra il Ministero della Cultura e alcuni dipendenti con funzione di addetti ai servizi di vigilanza in un edificio dal grande valore storico e artistico. In parziale riforma della sentenza di primo grado, i giudici d’appello, ha – da un lato – confermato l’accoglimento della domanda con cui i lavoratori avevano chiesto il riconoscimento del diritto al pagamento dello straordinario svolto per un certo periodo di tempo, ma – dall’altro – ha invece respinto la domanda di versamento delle differenze retributive per il lavoro straordinario dei giorni festivi.
A fondamento della sua decisione il giudice di secondo grado ha spiegato che, quanto allo straordinario nei giorni feriali, riteneva che esso fosse dimostrato sulla base del suo inserimento in banca ore e – si legge nella pronuncia della Cassazione che richiama la precedente decisione:
dovesse aversi per autorizzato sulla base dell’ordine di servizio che aveva organizzato il servizio, in modo da rendere necessario lo svolgimento di quelle ore eccedenti la misura ordinaria.
Ma non si poteva dire analogamente per il lavoro straordinario svolto nei giorni festivi, rispetto al quale – secondo il giudice d’appello – mancava la prova di una specifica autorizzazione datoriale. Conseguentemente i lavoratori non potevano essere pagati per le ore ulteriori. Non ritenendo soddisfatte le loro pretese economiche in conformità alle previsione del contratto collettivo loro applicato, i dipendenti fecero ricorso in Cassazione.
La Cassazione chiarisce la portata del diritto al compenso dello straordinario nel pubblico impiego
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei dipendenti pubblici, nella parte in cui essi lamentavano che la Corte di merito non aveva tenuto conto del fatto che le prestazioni festive erano state compiute non insciente o prohibente domino, ossia senza divieto o all’insaputa dell’amministrazione. Richiamando una solida giurisprudenza, la Cassazione ha colto l’occasione per offrire una serie di utili precisazioni in merito alle regole sul lavoro straordinario nel pubblico impiego e, in particolare, ha ricordato che:
Cass. 27 luglio 2022, n. 23506, in ambito di pubblico impiego privatizzato, ha precisato che l’autorizzazione al lavoro straordinario esprime il concetto per cui non è remunerabile il prolungamento
della prestazione di lavoro frutto di libera determinazione del singolo dipendente e non strettamente collegato a esigenze di servizio preventivamente vagliate, sul piano della necessità ed utilità per la P.A., dal dirigente responsabile.
Al contempo la Corte ha precisato che il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che
presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta invece al lavoratore:
anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo.
E per quanto qui specificamente interessa, il concetto è stato ulteriormente ripreso dalla sentenza Cassazione 18063/2023, nel senso che per autorizzazione si intende anche il fatto che le prestazioni straordinarie nei giorni festivi non siano svolte insciente o prohibente domino. In altre parole, di autorizzazione alle ore in più si tratta anche con un consenso datoriale meramente implicito o tacito, non formale e – comunque – sufficiente a integrare gli estremi per il pagamento del lavoro straordinario festivo. Ecco perché i giudici di legittimità hanno cassato la sentenza impugnata, riconoscendo il diritto all’integrazione del salario.
Che cosa cambia
La sentenza n. 13661 è molto importante per il pubblico impiego contrattualizzato perché contiene principi, che valgono per ogni tipo di straordinario e – dunque – anche per quanto del lavoro svolto in giornata festiva sia da considerare straordinario, giornaliero o settimanale. Si tratta, peraltro, di conclusioni non dissimili da quelle adottate dalla Corte anche in riferimento ai rapporti di lavoro con aziende.
Nel caso qui considerato, gli addetti alla sorveglianza avevano sì lavorato senza formale autorizzazione allo straordinario, ma di questo era al corrente la dirigenza che – peraltro – non aveva impedito le ore di lavoro ulteriori. Il consenso implicito basta al giustificare il diritto a essere pagati anche per le ore in più. La Cassazione ha così sottolineato che la corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto di questo nel valutare il diritto al compenso e benefici per le prestazioni festive.
Ad esempio, se il dipendente continua a fare straordinari e il dirigente non lo ferma, si può ritenere che il lavoro sia stato “autorizzato” e quindi vada retribuito. Ma se fa ore extra senza che l’amministrazione ne sappia nulla e senza che queste siano collegate a esigenze di servizio, il compenso potrebbe non essere dovuto. Infatti, il diritto al compenso per il lavoro straordinario non spetta se è frutto di un’iniziativa autonoma del lavoratore, priva di valutazione preventiva dell’utilità da parte del dirigente. Nella vicenda sopra vista, l’adozione di turni da parte della PA è stata ritenuta idonea a configurare un’autorizzazione implicita.