Combattiamo gli sprechi alimentari. Sia a livello di preparazione degli alimenti, sia soprattutto con sane abitudini. E non solo per l’ambiente, ma anche per la nostra salute. Perché grazie alla riformulazione alimentare possiamo aiutare il mondo che ci circonda e sfruttare fino in fondo quanto può favorire il nostro benessere, in un settore che deve vedere tutti impegnati.
Pensate: stando ai dati Eurostat 2024, nell’Unione Europea vengono sprecati ogni anno quasi 59 milioni di tonnellate di cibo, pari al 14% del cibo totale prodotto. Gran parte di questo (19%) è dovuta alle materie prime scartate dalle industrie agroalimentari come bucce, semi e pellicole, escluse a causa di problemi di lavorazione o limitata accettazione da parte dei consumatori. Cosa si può fare? Ecco le proposte che giungono dal convegno “Alimentazione, salute e ambiente: tra presente e futuro”, tenutosi nell’ambito del Congresso Nazionale della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) di Salerno.
Indice
Proposte pratiche
Le matrici di quelli che vengono considerati scarti, come appunto bucce o semi, sono in realtà veri e propri “salvadanai” di composti dal valore nutritivo importante, come fibre ed antiossidanti. Addirittura, a detta degli esperti, può accadere che quanto viene eliminato contenga principi nutritivi in quantità superiori a quelle del prodotto che prosegue la filiera commerciale.
Per questo la riformulazione alimentare è importante. Si tratta di una strategia che viene applicata per migliorare il profilo nutrizionale di alimenti industriali e l’utilizzo di queste matrici di scarto come ingredienti potrebbe avere il duplice scopo di diminuire lo spreco alimentare e migliorare la dieta dei consumatori, aumentando l’apporto dei nutrienti critici come le fibre.
In questo contesto, presso il Laboratorio di Nutrizione dell’Università degli Studi della Tuscia (UniTUS) si stanno studiando due matrici di scarto che registrano alti quantitativi di spreco ogni anno, ovvero i residui di lavorazione del pomodoro (bucce e semi) e quelli della nocciola (pellicola esterna). Entrambe queste matrici ad oggi vengono gettate nei campi come fertilizzanti, utilizzate nell’alimentazione animale, o smaltite come rifiuti organici. Tuttavia sono ricche di fibre, sostanze antiossidanti ed acidi grassi insaturi.
Non perdiamo il “buono” della nocciola
“Gli studi effettuati hanno dimostrato che la sostituzione del 10% di farina raffinata con polvere ottenuta da pellicole di nocciola in un biscotto frollino determina un aumento significativo degli acidi grassi monoinsaturi, oltre ad una riduzione degli acidi grassi saturi, potendo sostituire il burro della ricetta con i grassi naturalmente presenti nella pellicola di nocciola. Inoltre, la capacità antiossidante risulta aumentata di cinque volte rispetto ad un biscotto frollino classico”
segnala Lara Costantini, DEB – Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche UniTUS e membro del Gruppo SINU Giovani.
Come se non bastasse, l’inclusione della pellicola di nocciola determina un aumento significativo del contenuto di fibre superiore al 6% e consente, quindi, al biscotto sperimentale di essere etichettato come “ricco di fibre” secondo la normativa europea, mostrando, inoltre, una significativa attività prebiotica in una coltura in vitro di Lactobabillus. rhamnosus. Il tutto, con un gusto che incontra il piacere degli utenti.
Le analisi sensoriali effettuate sia su consumatori, che su un panel di esperti, hanno evidenziato punteggi positivi per l’inclusione del 10% di pellicola di nocciola in tutti i prodotti riformulati, riuscendo anche a migliorare significativamente il punteggio di un prodotto da forno a base di farina di lenticchie al 100%, grazie alla sua specifica composizione in composti volatili.
Speranze per il pomodoro
Dati incoraggianti, sebbene preliminari, sono stati ottenuti anche per il residuo di lavorazione del pomodoro San Marzano, trovando valori di fibre di circa il 40% superiori rispetto alla polvere di pomodoro che si riscontra in commercio ed ottenuta da pomodoro intero. Inoltre, le polveri sperimentali ottenute dal residuo di lavorazione del pomodoro mostrano dati significativamente maggiori di capacità antiossidante grazie al loro contenuto ricco di composti fenolici.
Tutti questi dati indicano nel loro insieme che la pellicola della nocciola e il residuo di lavorazione del pomodoro potrebbero essere degli ingredienti preziosi per aumentare le caratteristiche nutrizionali, antiossidanti e sensoriali degli alimenti convenzionali nell’ottica dell’economia circolare.
“La sana alimentazione riveste oggi un ruolo cruciale per il nostro benessere e per la sostenibilità del pianeta. Una corretta conoscenza nutrizionale può orientare le abitudini alimentari verso scelte più consapevoli, ad esempio riducendo gli sprechi e trasformando gli scarti alimentari in nuove risorse. Il nostro Congresso Nazionale rappresenta, in tal senso, una piattaforma essenziale per lo scambio scientifico e culturale, mirando a influenzare positivamente il futuro della nutrizione umana e quindi della salute pubblica”
è il commento Anna Tagliabue, Presidente SINU.
Cosa si intende per spreco
Per capire come nasce lo spreco alimentare, a prescindere da quanto avviene nelle case di ognuno, bisogna partire da cosa si intende per disponibilità alimentare, intesa come il totale della produzione lungo tutta la filiera agroalimentare. In questo senso, occorre sommariamente considerare tre diverse componenti principali:
- una è il consumo da parte dell’uomo, con il cibo che arriva al consumatore attraverso i canali tradizionali e viene consumata dagli esseri umani;
- la seconda è lo scarto alimentare, che rappresenta la parte di cibo non edibile, non destinata al consumo umano, come ad esempio i noccioli che scartiamo di pesche ed albicocche;
- la terza è rappresentata dall’eccedenza, ovvero da quanto sarebbe disponibile, oltre che buono e sicuro, lungo la filiera, ma non viene alla fine consumato.
Per questo parlando di spreco alimentare è bene fare attenzione alla distinzione tra la parte non commestibile del cibo (scarto alimentare) e quella commestibile per l’uomo; quest’ultima è l’unica componente che può effettivamente essere sprecata. E con la riformulazione alimentare, alla fine, si possono recuperare principi utili per noi e per l’ambiente.