Governo smentito dai numeri, gli italiani non vogliono il nucleare

Un recente sondaggio di Ipsos ha riscontrato che gli italiani sono ancora molto diffidenti nei confronti del nucleare: il 25% ritiene le centrali inutili, il 39% non le vuole

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 1 Luglio 2025 12:10

Un sondaggio realizzato da Ipsos per Legambiente e Kyoto Club in occasione del XII Ecoforum ha registrato una forte diffidenza degli italiani nei confronti della tecnologia nucleare per la generazione di energia elettrica. Una percentuale largamente maggioritaria degli intervistati è influenzata dall’effetto Nimby, mentre la maggioranza relativa non vuole nessuna centrale nel Paese.

Dati che si scontrano con i progetti del Governo, che da tempo sta cercando di riavviare il programma nucleare civile italiano fermato da due diversi referendum nel 1987 e nel 2011. L’esecutivo punta su tecnologie che sono più facilmente accettate dalla popolazione, ma che non sono ancora state sviluppate a livello commerciale.

Gli italiani non credono nel nucleare

Il primo dato che emerge dal sondaggio Ipsos è che gli italiani hanno una percezione molto alterata delle tempistiche e dei costi necessari per costruire e avviare una centrale nucleare. Solo il 10%, infatti, ritiene che i benefici del ritorno all’energia atomica sarebbero immediati. Il 37% pensa che ci vorranno almeno 20 anni, il 28% non è informato sull’argomento, mentre il 25% ritiene che questi impianti siano inutili, che costino più di quanto producano.

Considerando le centrali nucleari di terza generazione, attualmente le più diffuse tra i nuovi progetti nel mondo, i tempi di costruzione di un impianto sono in realtà di soli 4 anni. A questi però vanno aggiunti quelli burocratici per le autorizzazioni e i test di collaudo. In media poi, queste centrali impiegano tra i 15 e i 20 anni per ripagare i propri costi tramite la produzione di energia, anche se questo dato è pesantemente influenzato dal costo dell’elettricità nel periodo.

Un costo basso allungherebbe infatti significativamente il lasso di tempo necessario alla centrale per ripagare l’investimento. Al contrario, una crisi energetica come quella seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, accelererebbe di molto le tempistiche.

Cos’è l’effetto Nimby

L’altra evidenza del sondaggio Ipsos è la presenza nella popolazione italiana di un importante effetto Nimby. Questo acronimo, che in inglese sta per Not in my back yard (letteralmente “non nel mio cortile”), indica un atteggiamento ostile della popolazione di una regione nei confronti della costruzione di qualsiasi tipo di infrastruttura, sia di proporzione nazionale che locale.

L’esempio più celebre di movimento Nimby in Italia è quello dei No Tav. Questo atteggiamento si riflette però anche sul nucleare. Secondo il sondaggio, solo il 9% degli italiani accetterebbe di vivere ad almeno 10 chilometri da una centrale nucleare (in calo dal 12% del 2024), il 23% ad almeno 50 chilometri (in aumento dal 17% del 2024) e il 29% ad almeno 100 chilometri (dal 31% del 2024).

A queste percentuali va ad aggiungersi un 39% della popolazione che è completamente contraria alla costruzione di centrali nucleari nel Paese. Dati che mostrano che la maggioranza degli italiani è ancora opposta, per vari motivi, alla costruzione di centrali nucleari.

I progetti nucleari del Governo

Anche per questa ragione, il Governo italiano sta puntando su tecnologie nucleari che più facilmente sono accettate dalla popolazione, come gli Smr, i piccoli reattori modulari. Il problema di questi impianti è che non sono ancora mai stati commercializzati e sono quasi tutti in fase di test o di sviluppo.

Al momento, però, non esiste un piano specifico per il ritorno del nucleare in Italia. Il disegno di legge sull’argomento, presentato dal Governo di Giorgia Meloni in Parlamento, è molto generico, parla di “superare le esperienze precedenti“, ma non contiene nessun dettaglio sulla possibilità di costruire nuove centrali.