Perché il cibo costa di più se l’inflazione sta rallentando?

Secondo i dati Istat pubblicati il 16 giugno 2025, l'inflazione in Italia sta rallentando ma, nel frattempo, i prezzi dei prodotti alimentari continuano ad aumentare: vediamo di quanto e perché

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Pubblicato: 22 Giugno 2025 18:58

A maggio 2025 l’inflazione in Italia mostra segnali di rallentamento ma, nonostante l’indice generale dei prezzi al consumo (NIC) sia aumentato “solo” dell’1,6% su base annua (e risulta in calo rispetto al +1,9% di aprile), i prezzi dei beni alimentari continuano a crescere, soprattutto quelli trasformati.

L’attenzione si sposta così dal dato aggregato alle singole voci di spesa quotidiana, dove le dinamiche sono meno rassicuranti. In altre parole: l’inflazione decelera, ma il carrello della spesa pesa ancora. Perché? Proviamo a fare un’analisi di quello che sta succedendo e di cosa ci dicono i dati.

Perché la spesa è più cara se l’inflazione rallenta?

L’inflazione complessiva misura l’aumento medio dei prezzi su centinaia di beni e servizi: dall’energia ai trasporti, dal vestiario ai mobili, dalla cultura agli alimenti. Se alcuni settori rallentano (come l’energia o i trasporti), l’indice generale può scendere anche se altri settori, come quello alimentare, continuano a crescere.

Per esempio, secondo i dati Istat pubblicati il 16 giugno 2025, a maggio 2025 i prezzi degli energetici non regolamentati sono calati del -4,3%, mentre gli alimentari lavorati sono aumentati del +2,7%. Significa che, sommando e considerando l’insieme, in questo modo la media si abbassa, ma il consumatore che compra cibo ogni giorno percepisce solo l’aumento del proprio “carrello”.

Inoltre, dal report risulta che i costi di produzione e trasformazione restano elevati, anche se l’energia oggi costa meno rispetto ai picchi del 2022-2023. Questo vuol dire che le aziende alimentari continuano a sostenere spese importanti per:

  • materie prime (che in alcuni casi sono aumentate: pensiamo a cacao, zucchero, grano);
  • imballaggi (plastica, cartone, vetro);
  • trasporti (che restano costosi nonostante il calo del carburante);
  • logistica e distribuzione.

Non stupisce dunque che il sottoindice dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona registri anch’esso un lieve incremento (dal +2,6% al +2,7%), trainato proprio dal comparto alimentare. In particolare, per i prodotti come pasta, pane, dolci, conserve, latticini, le imprese spesso scaricano sui consumatori, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto per i redditi medio-bassi.

Cos’è l’inflazione
🔢 Definizione Aumento generale e prolungato dei prezzi dei beni e servizi in un’economia
📊 Come si misura Indice dei Prezzi al Consumo (CPI), in Italia calcolato dall’Istat
💸 Cause Aumento dei costi di produzione (materie prime, energia)
Domanda elevata
Politiche monetarie espansive (bassi tassi, più moneta in circolazione)
😓 Effetti sull’economia Perdita del potere d’acquisto
Maggiori costi per famiglie e imprese
Pressioni su salari e tassi di interesse
📉 Inflazione “buona” e “cattiva” Moderata è un segnale di crescita economica
Elevata o instabile è dannosa per redditi e risparmi
🔧 Come si ferma La banca centrale alza i tassi d’interesse per frenare i consumi e ridurre la pressione sui prezzi

Di quanto sono aumentati i prezzi nel settore alimentare

Quindi, nonostante il rallentamento dell’inflazione generale, i prezzi dei prodotti alimentari continuano a crescere, e lo fanno a ritmi che si fanno sentire in modo diretto nel quotidiano delle famiglie italiane. Nel dettaglio, secondo i dati Istat, a maggio 2025 i prezzi degli alimentari lavorati, ovvero quei beni trasformati e confezionati come pasta, pane, biscotti, conserve, latticini, hanno registrato una crescita tendenziale del +2,7% rispetto a maggio 2024, in accelerazione rispetto al +2,2% registrato il mese precedente.

Anche i beni alimentari non lavorati, cioè i prodotti freschi come frutta, verdura, carne e pesce, pur mostrando un rallentamento rispetto ad aprile, segnano comunque un aumento su base annua del +3,5% (dal precedente +4,2%).

Se si guarda al mese in corso, inoltre, la crescita appare più contenuta ma ancora presente: rispetto ad aprile 2025, i prezzi dei prodotti freschi sono saliti del +0,7%, mentre quelli dei beni lavorati hanno segnato un +0,3%.

Si tratta di un dato che colpisce particolarmente, perché riguarda prodotti ad alta frequenza d’acquisto, cioè quelli che i consumatori comprano più spesso e che quindi incidono con maggiore intensità sulla percezione dell’inflazione.

Cosa ci dicono questi dati?

Il rallentamento dell’inflazione italiana nel maggio 2025 è senza dubbio un segnale positivo, in linea con quanto auspicato dalle istituzioni economiche e monetarie. Tuttavia, la crescita dei prezzi dei beni alimentari trasformati – e più in generale dei prodotti essenziali – continua a gravare e a pesare sul budget delle famiglie.

In particolare, il carrello della spesa è ancora sotto pressione. E se è vero che il peggio sembra alle spalle rispetto ai picchi del biennio precedente, è altrettanto vero che la discesa dei prezzi non è omogenea. I rincari si concentrano proprio nei settori dove le famiglie spendono di più e più spesso.

Il paradosso, quindi, è evidente.